Due anni fa la pubblicazione dell’Ateismo Trionfato, ora l’Apologia proGalileo. Tommaso Campanella torna sugli scaffali delle librerie grazie alle Edizioni della Normale che, nelle parole del direttore Michele Ciliberto, dedicano una grandissima attenzione ai testi e assolvono così il ruolo di custodi dell’eredità storico-filosofica.

Serena Wiedenstritt

L’opera di Campanella, che è stata presentata alla Fiera del Libro di Torino 2007, è ancora più significativa in quanto manifesto di quella libertas philosophandi che ancora oggi vale – o almeno dovrebbe valere – come principio etico della ricerca. Alla presentazione alla Fiera del Libro, moderata da Ciliberto, hanno partecipato Germana Ernst, docente universitario e massima esperta di Campanella, e Gregorio Piaia, professore di Storia della filosofia a Padova. Ernst ha ricordato come l’Apologia sia stato il testo su cui si è laureata, lo ha definito un volume “difficile ed ostico” ed è poi passata a descrivere il forte legame che ha unito lungo tutto il corso delle loro vite Campanella e Galileo. Giovani, quasi coetanei, il teologo e lo scienziato si conobbero intorno ai vent’anni a Padova e continuarono a tenersi in contatto fino alla morte. I due condividevano un sempre presente riferimento alla natura, come libro che l’uomo di cultura è chiamato a leggere, ma, se per Campanella la natura assume le sembianze di un grande animale vivente, per Galileo la natura è scritta secondo codici matematici. Queste ed altre differenze testimoniano che la battaglia di Campanella veniva condotta non tanto in difesa di Galileo o delle sue dottrine quanto in difesa della libertas philosophandi, del diritto-dovere dello scienziato di indagare e progredire con la ricerca. In questo quadro, le differenze che oppongono Galileo all’aristotelismo possono essere ricondotte, secondo Campanella, ad una questione di ermeneutica e di interpretazione. Due le frasi chiave che si rinvengono nelle ultime lettere scritte da Campanella a Galileo: una forte condanna dell’ignoranza – “dubito della violenza della gente che non sa” confessa Campanella quando si accorge che la situazione dell’amico sta precipitando – e l’auspicio che i secoli futuri possano rendere giustizia degli errori del passato, facendo risorgere, se non dopo tre giorni forse dopo tre secoli, i “benefattori”.

Al centro dell’intervento di Gregorio Paia, il terzo elemento di questa partita in cui sembrano confrontarsi Campanella e Galileo: la filosofia aristotelica e scolastica, quel principio di autorità che rifiuta il copernicanesimo temendo che la smentita di parte della teologia potesse causare la caduta di tutto il cristianesimo. Così l’introduzione dell’aristotelismo che nel XIII secolo aveva segnato un importante passo avanti, affermando ad esempio che gli enti di natura hanno una loro autonomia, forma e contenuto e non sono semplici immagini, nel XVII secolo dimostra i suoi limiti sia nel campo della cosmologia e dell’astronomia, sia per quanto riguarda la concezione del potere culturale e la storia. Il rigore dell’aristotelismo applicato al senso storico, infatti, sortisce l’effetto di annullare la concezione di speranza, di un futuro diverso, facendo sì che acquistino spazio e facciano proseliti da una parte il protestantesimo, dall’altra il laicismo. Come già visto, anche nelle parole di Germana Ernst, Campanella dal canto suo reagisce recuperando la “speranza profetica”.

Tommaso Campanella, Apologia pro Galileo, a cura di Michel-Pierre Lerner, traduzione di Germana Ernst. Pisa, Edizioni della Normale 2006, ISBN 88-7642-177-7, pp. 315, € 35.00