E’ stato pubblicato sulla rivista scientifica Epigenetics, organo ufficiale della Epigenetics Society, un studio del gruppo di lavoro composto da Matilde Marchi e Gian Michele Ratto del Centro NEST della Scuola Normale Superiore di Pisa, diretto da Fabio Beltram, e da Mario Costa del dipartimento di Neuroscienze del CNR di Pisa. La ricerca riguarda le basi molecolari della sindrome di Rett (autismo).

Ecco un breve estratto dello studio:

La Sindrome di Rett (SR) è una malattia genetica legata al cromosoma X che si presenta con una frequenza di casi di 1/10000 nati vivi. Essa si trasmette con modalità dominante: i maschi, avendo una sola copia del gene, muoiono entro il secondo anno di vita o hanno un diverso ritardo mentale, mentre le femmine si ammalano di sindrome di Rett. I sintomi, che iniziano dopo i primi 6-18 mesi di vita, sono la progressiva perdita del linguaggio e delle capacità manuali, la mancanza di coordinazione nei movimenti, tratti autistici e un forte ritardo mentale.


La principale causa di questa malattia è stata identificata in vari tipi di mutazioni del gene mecp2 (80% dei casi clinici). MeCP2 codifica per una proteina nucleare con un’alta affinità per la cromatina metilata (regione del DNA che possiede un gruppo metile, -CH3). Studi recenti hanno mostrato che alterazioni della regolazione e della quantità di proteina espressa nella cellula, possono essere associate alla patologia. Benché MeCP2 sia espressa in ogni tessuto, l’effetto patologico delle mutazioni riguarda prevalentemente il sistema nervoso centrale.


Il gruppo autore di questo nuovo lavoro scientifico si è focalizzato sullo studio della localizzazione cellulare di MeCP2 e delle sue forme mutate. In particolare ha messo in luce che le forme mutate hanno una diversa affinità per legare il DNA e quindi risultano incapaci di modificarlo opportunamente, in modo da favorire una corretta regolazione dei geni. E’ stata inoltre approfondita la funzione dei vari domini della proteina nel riconoscere e legare il DNA, le cui proprietà vengono in vario modo modificate nelle forme patologiche. Tali risultati sono stati ottenuti mediante l’applicazione di sensibili tecniche di microscopia confocale e di biologia molecolare.


Lo studio della dinamica di MeCP2 è di cruciale importanza per disegnare futuri interventi terapeutici che potrebbero agire non solo sulla sostituzione del gene mutato (terapia genica), ma anche sulla regolazione dell’espressione e della localizzazione di MeCP2 all’interno della cellula. Inoltre gli esperimenti messi appunto durante questo lavoro potrebbero costituire uno strumento di indagine per testare l’azione di nuovi farmaci sulla capacità delle forme patologiche di interagire correttamente con il DNA.

(matilde marchi)