traduzione di Laura Iseppi, prefazione di Lina Bolzoni.

La traduzione italiana del libro di Mary Carruthers, The Craft of Thought. Meditation, Rhetoric, and the Making of Images, 4001200, pubblicato da Cambridge University Press nel 1998, mette a disposizione di un pubblico più ampio un testo che è già diventato un punto di riferimento, a livello internazionale, per studiosi dagli interessi più diversi: dalla retorica alla storia del libro, dalla musicologia alla storia dell’arte.

Prefazione

Lina Bolzoni

La traduzione italiana del libro di Mary Carruthers, The Craft of Thought. Meditation, Rhetoric, and the Making of Images, 400-1200, pubblicato da Cambridge University Press nel 1998, mette a disposizione di un pubblico più ampio un testo che è già diventato un punto di riferimento, a livello internazionale, per studiosi dagli interessi più diversi: dalla retorica alla storia del libro, dalla musicologia alla storia dell’arte. La traduzione italiana è stata preceduta da quella francese, uscita da Gallimard nel 2002: con essa la versione italiana condivide il titolo, Machina memorialis, che corrisponde alla primitiva intenzione dell’autrice. Uno dei temi centrali del libro è infatti la concezione della memoria come qualcosa che agisce, come una macchina che opera, nutrendosi, allo stesso tempo, di passioni, facendosi carico di un patrimonio di conoscenze.

Il libro segna una tappa importante in un lavoro di ricerca di ormai lunga durata, un lavoro ampio, innovativo, a volte provocatorio, che aveva trovato un primo sbocco in un altro libro molto fortunato, The Book of Memory. A Study of Memory in Medieval Culture (Cambridge University Press, 1990) e che di recente ha prodotto, in collaborazione con un professore di Harvard, un’utile antologia di testi (The Medieval Craft of Memory. An Anthology of Texts and Pictures, a cura di Mary Carruthers e Jan Ziolkowski, Philadelphia, University of Pennsylvania Press 2002).

In polemica con la ricostruzione dell’arte della memoria fatta da Frances Yates, Mary Carruthers sottolinea la ricchezza e la specificità dell’esperienza medievale: tende a ridurre drasticamente il ruolo svolto dalla retorica classica, in particolare dalla Rhetorica ad Herennium, e a sottolineare piuttosto l’importanza delle tecniche della meditazione monastica, il nesso che la memoria ha con l’inventio, la mediazione essenziale che essa svolge fra le modalità della lettura e quelle della scrittura, o meglio della composizione, che può essere anche puramente mentale. Le ricerche recenti sui rapporti fra oralità e scrittura, sulla mise en page del manoscritto, sulle diverse tecniche della lettura e dell’interpretazione, diventano i punti di riferimento per una amplissima ricostruzione del ruolo che la memoria ha avuto fra tarda antichità e Medioevo.

Le teorie filosofiche restano sullo sfondo; in primo piano viene la dimensione retorica, operativa, etica della memoria, quella che insegna a ‘ricordare’ la Gerusalemme celeste, quella che costruisce un percorso che può prendere forma sia in un testo, sia in una chiesa o in un monastero, sia in una dimensione puramente mentale. Le tecniche della memoria, in questa prospettiva, hanno un ruolo di primo piano nel modo in cui i testi vengono letti, ruminati, assimilati, trasformati in un tesoro interiore che potrà essere via via riusato, sia per produrre nuovi testi che per prendere decisioni morali. Il testo letterario appare come qualcosa di non chiuso, di mai veramente finito: è una res, un oggetto che attraversa i tempi e le generazioni e che funziona da auctoritas anche in quanto è spezzettato, digerito, fatto rivivere in altre forme e in altri modelli di comportamento. Si tratta, come si diceva, di un processo in primo luogo mentale, in cui le tecniche classiche interagiscono con le tecniche della meditazione monastica. Queste insegnano infatti a plasmare la propria mente, a crearvi una mappa di ‘luoghi’: qui si collocano i ricordi delle cose lette e sentite, di qui si traggono il materiale e le associazioni necessarie per nuovi pensieri, nuove parole, nuove opere. Si sviluppa e si coltiva una ‘forza del pensiero’ che permette di costruire nella propria mente templi, tabernacoli, palazzi, giardini, itinerari da percorrere in un processo di elevazione, e trasforma la memoria in un archivio capace di riprodursi e di generare. È una memoria che si nutre della Bibbia, o meglio di alcuni passi della Bibbia, che si imprimono nella mente così da costruire una griglia di loci cui tutto si riconduce, e da cui tutto prende le mosse; è una memoria che ha come oggetto la Gerusalemme celeste e il mondo eterno dell’Aldilà; è una memoria che mobilita le passioni e lega fortemente la lettura alla scrittura, la conservazione alla invenzione.

Questo libro prende in esame una quantità davvero notevole di testi, di edifici, di immagini, presentandoli al lettore in un’ottica che può apparire a volte straniante, ma che è sempre ricca di sollecitazioni, capace di farci interrogare sui nostri schemi interpretativi. Proprio per questo è un libro che merita di essere presente anche nel dibattito culturale italiano.

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