Al lavoro scientifico di Italo Mannelli, professore emerito di fisica delle particelle elementari presso la Scuola Normale e primo italiano a ricevere il premio Panofsky dell’American Physical Society nel 2006, sarà dedicata una giornata di studio, il prossimo 5 settembre, presso la Scuola Normale Superiore, con l’intervento dello stesso Mannelli e di molti professori di INFN, CERN e Scuola Normale.

Al prof. Mannelli in occasione della consegna del prestigioso “Panofsky” vennero dedicati molti articoli e alcune interviste. Attraverso due di esse, una da “Storie di Uomini e Quarks“, a cura della Società Italiana di Fisica (SIF), una di TuttoScienzeLa Stampa, proviamo a raccontare brevemente il prof. Mannelli.

Italo Mannelli nasce a Firenze nel 1933. Il padre era un falegname.

Da ragazzo io passavo una buona parte dei pomeriggi nella bottega di mio padre, perché mi divertivo a seguirne l’attività di falegname e davo anche volentieri una mano nel limite di quello che può fare un ragazzo (…) I disegni erano relativamente semplici e con delle piccole macchine per falegnameria si potevano costruire con facilità; poi venivano smaltati, si mettevano le maniglie… e venivano venduti a quelli che passavano“.

Gli studi presso il locale Istituto Tecnico per Geometri fanno emergere il suo forte interesse per l’ingegneria:

“Certi aspetti erano interessanti, perché per esempio, uno imparava a calcolare quale fosse la resistenza di una trave con certe sollecitazioni ed era stimolato a andare forse anche un po’ oltre quelli che erano i programmi scolastici. Devo dire che mi piaceva!

Terminati gli studi medi superiori, Italo Mannelli decide di iscriversi quindi alla facoltà di Ingegneria ma, quasi per caso, viene a sapere, da un suo professore, dell’esistenza della Scuola Normale. Vince dunque il concorso di ammissione alla Scuola Normale Superiore nel 1953, laureandosi nel 1957 con una tesi sulla “non conservazione della parità nel decadimento della Λ0”.

Devo dire che superare il concorso di ammissione in Normale ha segnato la mia vita e così è stato anche per parecchi di quelli che vinsero il concorso nello stesso momento! C’erano: Giorgio Bellettini, Vittorio Silvestrini, Carlo Rubbia” . A proposito di Rubbia Mannelli ricorda: “La cosa curiosa — quella Carlo Rubbia non l’ha mai perdonata — successe appunto all’epoca del concorso, quando lui era già brillante com’è sempre stato in vita sua. Era però abbastanza evidente che pretendeva di sapere anche le cose che non aveva approfondito e devo dire che fu proprio questo alla commissione, non andò giù, tant’è vero che lui fu l’undicesimo classificato quando c’erano solo dieci posti (…) A Carlo non è bastato il premio Nobel per liberarsi dal considerare un’offesa il fatto che qualcun’altro fosse stato piazzato meglio di lui nel concorso mentre lui invece era un recuperato!

L’ingresso in Normale, in un ambiente sì competitivo ma, allo stesso tempo assai collaborativo, come nella tradizione e nello spirito della Scuola, segna la completa maturazione scientifica di Italo Mannelli che, più avanti, racconta:

Fu un periodo molto stimolante. Se ho imparato qualcosa — e forse sono ingeneroso nel dirlo — non l’ho imparato tanto dai professori, quanto dalle continue discussioni, dalla dialettica durissima che avevamo fra di noi su qualunque argomento, vivendo insieme dalla mattina alla sera per quattro anni”.

Dopo aver passato il periodo dal 1961 al 1963 presso il’MIT di Boston ed il laboratorio di Brookhaven, prima come borsista NATO e poi come Research Associate, Italo Mannelli diviene professore ordinario a Pisa nel 1968.  Tra il 1971 al 1975 dirige l’Istituto di Fisica e la locale sezione dell’INFN e, successivamente, dal 1976 al 1985 è al CERN, in cui partecipa a un esperimento agli ISR, con tecniche calorimetriche ad argon liquido, nel quale vengono studiate le coppie elettrone-positrone ad alta massa e la produzione di π0 e γ ad alto momento trasferito.

Nel 1987 rientra a Pisa, nella “sua” Scuola Normale, come professore ordinario di Fisica delle particelle elementari. Continua a collaborare con INFN e CERN su “la violazione di CP”.

La “violazione di CP” è un fenomeno di cui solo pochi decenni fa non si sarebbe potuto parlare: c’è voluta, prima di tutto, l’intuizione di Paul Dirac, il teorico della meccanica quantistica, che ha inventato il concetto di antimateria. Poi si è arrivati alla scoperta sperimentale che, effettivamente, le particelle hanno un corrispondente speculare di antimateria. E nel’ 64, si è fatto un passo ulteriore: si è constatato che esiste un’imperfezione della simmetria tra materia e antimateria, la“violazione di CP”, appunto. Ma fino all’inizio degli anni 90 non esisteva la minima evidenza che il fenomeno fosse una proprietà generale delle interazioni deboli delle particelle e non solo un evento limitato all’osservazione del ’64 (…). Al CERN abbiamo accertato che la “violazione di CP” è una proprietà delle interazioni deboli che intercorrono tra i costituenti ultimi della materia.  Insieme con la forza di gravità, la forza elettromagnetica e la forza Nucleare forte queste interazioni deboli costituiscono le quattro forze fondamentali della Natura”.

Le sue ricerche gli valgono nel 2006 il “Panofsky Prize in Experimental Particle Physics” dell’American Physical Society, la comunità statunitense che riunisce circa 40 mila fisici. Per chiudere, ecco come, attraverso l’intervista rilasciata a TuttoScienze, il Prof. Mannelli ci spiega, in estrema sintesi, la nascita dell’universo, così come lo conosciamo oggi:

Ecco la destra ed ecco la sinistra: una è l’immagine speculare dell’altra e circa 13 miliardi di anni fa anche la materia e l’antimateria erano in questa situazione.  Si corrispondevano come in uno specchio. Poi l’equilibrio si è infranto». Se l’equilibrio non si fosse rotto, non ci sarebbe la realtà come la conosciamo.”

Pisa, 30 luglio 2018