Una delle voci più originali nel dibattito critico italiano ed europeo ospite alla Scuola Normale di Pisa. On line quattro momenti singnificativi dell’intervento di Achille Bonito Oliva a I venerdì del direttore.



di David Ragazzoni

Nell’ambito degli incontri mensili con “I Venerdì del Direttore”, l’appuntamento di aprile ha visto la partecipazione di Achille Bonito Oliva, storico e critico d’arte tra i più eclettici della scena contemporanea. Alla platea di studenti e cittadini raccoltisi in Aula Bianchi nel pomeriggio del 21 aprile, A.B.O. ha presentato un intreccio dei temi più significativi sui quali da sempre si concentra il suo lavoro: l’artista lacerato tra memoria e innovazione, tra committenza e scoperta della propria creatività indomita, l’irrompere delle avanguardie e delle conseguenti contaminazioni stilistiche, il nomadismo culturale quale psicologia del Postmoderno, l’emergere negli ultimi decenni di un’arte superominica che trova oggi la propria anima nella figura del critico.

La parabola culturale e umana di Achille Bonito Oliva è senza dubbio tra le più intense della seconda metà del secolo scorso. Laureatosi in Legge e cultore di studi umanistici, poeta esordiente assieme al “Gruppo 63” con la raccolta “Made in Mater” (1967), ha sviluppato la propria passione per l’arte su livelli molteplici: dall’allestimento di mostre tematiche e interdisciplinari (tra cui la Biennale di Parigi nell’85 e quella di Venezia nel ’93) alla scrittura scientifica, dalla carriera accademica all’impegno divulgativo in radio e in televisione. Il suo nome è stato legato al movimento della “Transavanguardia”, da lui diretto e coordinato nel cuore degli anni Settanta assieme ad Enzo Cucchi, Sandro Chia, Mimmo Paladino. Ma la convinzione che da sempre ispira il suo lavoro è il tentativo di “spostare la figura del critico da servo di scena a protagonista”, evidente anche nella sua lettura delle soglie epocali della storia dell’arte, dal Manierismo alle avanguardie storiche. Tra le numerosissime pubblicazioni di Bonito Oliva, ricordiamo: “L’ideologia del traditore” (Feltrinelli, 1976), “Il sogno sull’arte: tra avanguardia e transavanguardia” (Spirali, 1981), “Superarte” (Politi, 1988), fino ai più recenti “Gratis – A bordo dell’arte” (Skira, 2000) e “A.B.O. La Repubblica delle Arti” (Skira, 2005).

Al centro della conferenza di Bonito Oliva, incentrata su “Arte e sistema dell’arte”, un percorso lungo le vie del genio creativo attraverso i secoli, dall’apogeo rinascimentale ai movimenti tellurici delle avanguardie nel secondo Novecento. Ma anche una riflessione attenta e disincantata sulla situazione dell’arte di oggi, sui pericoli di un pubblico anestetizzato e stordito dalla nuova sensibilità pellicolare di proiezioni e filmati sempre più diffusi, sul ruolo controverso dei musei che rischiano di trasformarsi, oggi più che mai, in “ospizi del Bello”.

NormaleNews offre al vostro ascolto quattro momenti tra i più significativi dell’incontro:

I sequenza:

Avviatasi nel secondo Ottocento con la competizione tra l’occhio meccanico del fotografo e quello fisiognomico del pittore, l’arte contemporanea condensa la propria storia nel concetto di “avanguardia”. Tutte le avanguardie storiche – sostiene Bonito Oliva – sono parto l’una dell’altra, ed esprimono una pulsione edipica insita nell’arte occidentale fin dalle origini. Alla base di questa ideologia del “darwinismo artistico”, l’idea che chi crea sia perpetuamente sospeso tra memoria e futuro, fra tradizione e innovazione: citare, tradurre e tradire, questo il destino dell’artista di ogni tempo.


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II sequenza:

Di fronte a una tecnica che mette in crisi l’irripetibilità dell’unicum, le avanguardie storiche riscoprono le capacità alchemiche dell’arte: nel bricolage, nel cubismo di Picasso e Braque, nel genio di Duchamp che intitola il proprio orinatoio “La fontana” , la contemporaneità riconquista il proprio volto primigenio. Il Novecento, tuttavia, è anche il secolo dell’entusiasmo futurista, della cinetica pittorica di Balla che fa esplodere le proprie figure al di fuori della cornice.

Il confronto-scontro con il mondo della tecnica alle origini dell’arte contemporanea.


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III sequenza:

Nella sua ricostruzione, Bonito Oliva approda a quel lembo di Novecento che l’ha visto direttamente protagonista: il movimento della Transavanguardia, “matrimonio morganatico” tra le diverse soluzioni di Picasso e Duchamp, riporta in primo piano l’individualità soggettiva attraverso l’eclettismo stilistico e la contaminazione delle tecniche. Scompare l’arte oggettiva e neutrale di Duchamp, si afferma il recupero del genius loci, l’homo faber occidentale torna finalmente a nuova vita.

Bonito Oliva intreccia qui la storia dell’arte con la propria “storia” di artista e di critico.


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IV sequenza:

L’artista crea, il critico riflette, il gallerista espone, il mercante vende, il collezionista tesaurizza, il museo storicizza, i media celebrano, il pubblico contempla: questa la più ampia cornice nel quale, da sempre, nasce e si evolve il processo creativo. Il tradizionale rapporto di committenza, ereditato dalla cultura umanistica, entra definitivamente in crisi a metà del Novecento: la capitale d’arte si trasferisce da Parigi a New York, le frontiere europee vengono infrante, l’opera diviene parte di un “sistema dell’arte” nel quale è l’economia a sancire trionfi e fallimenti degli artisti. Uno dei pilastri concettuali dell’esegesi di Bonito Oliva, da lui maturato fin da gli anni Settanta, si rivela chiave di lettura oggi più che mai attuale.


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