La Normale sta crescendo, negli ultimi anni, in termini di allievi, di aspiranti normalisti, di attività di ricerca e di laboratori. Lo ha confermato il direttore della Scuola, Salvatore Settis, all’apertura del Simposio su Giosuè Carducci, con un discorso, che qui riportiamo, che ha toccato la Normale di oggi e quella del futuro.

E’ un grande onore per la Normale e per me personalmente aprire questa giornata di studio e di festa per la Scuola alla presenza di uno dei suoi allievi più illustri, il presidente Carlo Azeglio Ciampi, che fra queste mura che conosce così bene studiò Filologia Classica dal 1937 al 1941, e che come Capo dello Stato ha riscosso nel Paese e fra i cittadini un rispetto, un consenso e un affetto senza precedenti nella storia delle istituzioni repubblicane. Suoi maestri in Normale, allora sotto la direzione di Giovanni Gentile, furono Giorgio Pasquali, Augusto Mancini, Guido Calogero, Cesare Giarratano, Medea Norsa, Luigi Russo, Delio Cantimori. Fra i suoi condiscepoli, citerò almeno Gianfranco Folena, Scevola Mariotti, Giulio Puccioni, Aldo Visalberghi, Geno Pampaloni, Mario Casagrande, Giulio Cervani, Aldo Ciompi, Italo Troiani e Giuseppe Giacalone. La Normale di allora era più piccola di quella di oggi, ma non era in nulla diversa nello spirito, nell’assidua ricerca e promozione del talento dei giovani più brillanti di tutta Italia, nell’intensità e nell’impegno dei normalisti negli studi e nella consapevolezza di dover servire il Paese.

Festeggiamo oggi il 196° anniversario del decreto imperiale con cui Napoleone, il 18 ottobre del 1810, istituì in Pisa una “succursale” dell’École Normale Supérieure di Parigi: e pur evitando la retorica dei centenari dobbiamo tuttavia prepararci a celebrare nel 2010 il 200° anniversario di vita della Scuola. E’ dunque tempo di bilanci, è tempo di progetti: e lo è ancor di più per me personalmente, perché a poco più di un anno da oggi, il 31 ottobre del 2007, scadrà il mio secondo e ultimo mandato quadriennale come direttore della Scuola. Vorrei perciò oggi riassumere brevemente da un lato i principali risultati di questi ultimi sette anni, e dall’altro indicare delle mete che devono necessariamente andare oltre l’ultimo anno della mia direzione.

Comincerò con un dato di bilancio: negli anni fra il 1999 e il 2006, e cioè in un periodo assai difficile per l’università italiana anche per la progressiva contrazione degli investimenti pubblici, la Scuola Normale ha visto il suo bilancio quasi raddoppiare. Se il contributo diretto dello Stato (FFO) è cresciuto in questi anni del 58% in conseguenza di un articolo ad hoc della Finanziaria 2001, è forse ancora più rilevante sottolineare come queste risorse aggiuntive siano state valorizzate dalla Scuola che ne ha fatto il volano che ha consentito di quadruplicare l’autofinanziamento (e in questo fattore non è incluso il valore economico delle assai cospicue donazioni librarie, delle quali dirò qualcosa fra poco). La suddivisione delle spese, riflettendo in pieno la tradizione della Scuola, ha promosso in questi anni una grande crescita delle spese per la ricerca: : l’ultimo consuntivo disponibile (2005) mostra che queste costituiscono oltre il 30% delle entrate: possiamo dire senza tema di smentita che la spesa in ricerca sul nostro bilancio è in percentuale di gran lunga la più alta fra quelle delle università italiane pur non tenendo conto né degli stipendi di docenti e ricercatori né degli investimenti in strutture edilizie finalizzate alla ricerca. Queste risorse hanno reso possibile l’avvio di nuove e importanti iniziative: nuovi Laboratori e Centri e, soprattutto, l’introduzione di un fondo per la ricerca assegnato attraverso una competizione interna, in parte riservata ai giovani ricercatori. Dall’esame del bilancio della Scuola emergono poi alcuni altri dati significativi: la spesa per il personale docente e non docente è complessivamente attestata al di sotto del 60% del FFO, un valore ben lontano dal limite del 90% fissato per le Università; significativamente, l’amministrazione (includendo servizi e personale tecnico amministrativo) grava sul nostro bilancio per una percentuale di poco superiore al 40%. In questi anni, il Consiglio Direttivo ha inoltre modificato, grazie al progetto avviato dal prorettore al Bilancio e Sviluppo della Scuola prof. Fabio Beltram, una nuova struttura del bilancio, intesa ad accrescerne la leggibilità e la trasparenza evidenziando i costi reali delle varie attività e individuando i responsabili delle aree di spesa. Si è potuto in tal modo rafforzare l’azione di programmazione secondo ben definite priorità, grazie anche a una nuova procedura per la costruzione condivisa del bilancio preventivo attraverso riunioni collegiali di tutti i responsabili dei centri di spesa e delle unità amministrative e di ricerca.

Gli accresciuti introiti hanno consentito alla Scuola di affrontare con nuovo dinamismo i problemi funzionali e stipendiali del personale (grazie all’apporto di due successivi Vicedirettori, i proff. Lorenzo Foà e Fabio Beltram), che la stagnazione delle entrate negli anni precedenti al 1999 aveva ingiustamente marginalizzato: è proprio di questi giorni l’intesa su un contratto integrativo profondamente innovativo che valorizzerà competenza e propositività delle professionalità presenti nella Scuola. Queste risorse ci hanno poi consentito anche di affrontare la crescita numerica degli allievi, conseguenza inevitabile della riforma didattica che, portando da 4 a 5 gli anni di studio nelle Facoltà universitarie qui rappresentate, ha accresciuto di colpo di un quinto le presenze di allievi alla Scuola. Il loro numero è cresciuto tuttavia anche per altri fattori, in particolare per l’aumento di studenti stranieri e borsisti di scambio e per la crescita di allievi del corso di perfezionamento (equipollente al dottorato di ricerca), che la crescente caratterizzazione della nostra Scuola come ambiente di ricerca rendeva consigliabile. Siamo così giunti al numero odierno di 500 allievi, di cui 45 stranieri: una percentuale del 9%, molto superiore a quella nazionale (che è intorno al 2.5 %, fra le più basse d’Europa), ma ancora per noi non soddisfacente.

L’incremento del numero di studenti obbliga la Scuola, dove la vita collegiale gioca un ruolo essenziale nella formazione degli allievi, a sviluppare e migliorare i propri collegi. In questi anni abbiamo portato a compimento la completa ristrutturazione del Collegio Giosuè Carducci e abbiamo avviato la completa ristrutturazione del Collegio Alessandro D’Ancona, il raddoppiamento della mensa che vi è collocata e il rifacimento delle cucine, prevedendo un completamento dei lavori fra circa due anni; la prossima tappa nella revisione dei preesistenti Collegi della Scuola sarà la ristrutturazione del Collegio Domenico Timpano in Lungarno. Abbiamo inoltre potuto costruire un nuovo collegio intitolato ad Alessandro Faedo: il fatto che quest’ultimo sia in comune con la Scuola Sant’Anna va salutato come un segnale assai positivo, in vista di un’interazione sempre più intensa fra le due Scuole che è interamente coerente con la loro storia: la Scuola Superiore Sant’Anna nacque infatti dal Collegio Medico-Giuridico annesso alla Scuola sotto la direzione di Giovanni Gentile. E’ entrato in questi anni nella disponibilità della Scuola, ed è stato da noi completamente restaurato e restituito all’uso, anche il Collegio Puteano qui in Piazza, fondato nel 1604 dall’arcivescovo di Pisa Carlo Antonio Dal Pozzo e unico superstite dell’antico sistema di collegi dell’università pisana: in esso abbbiamo collocato la nostra foresteria, alcune aule per seminari e il Centro Matematico “Ennio De Giorgi”.

Un nuovo, ampio collegio sorgerà infine nei prossimi anni nel Compendio di San Silvestro, che il Demanio dello Stato ha concesso nel 2002 alla Scuola in uso perpetuo e gratuito: concessione per noi doppiamente importante, per le dimensioni e il prestigio dell’edifizio, ma anche perché in esso ebbe sede la Normale napoleonica, nella sua vita assai breve. A San Silvestro stiamo già restaurando, col contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, una parte (circa un quarto) dei fabbricati, che erano in stato assai fatiscente, per collocarvi il nostro laboratorio di Fisica, che negli ultimi anni, sotto la direzione del prof. Beltram, è diventato uno dei più importanti centri di ricerca d’Europa su nanoscienza e nanotecnologia. La crescita degli spazi per la ricerca, per gli allievi e per i docenti ci ha indotto a concentrare gli uffici amministrativi della Scuola nel Palazzo del Castelletto (già sede di una gloriosa casa editrice pisana, la Nistri-Lischi), mentre i problemi di spazio della biblioteca dovrebbero trovare soluzione in tempi brevissimi nel Palazzo della Canonica qui in Piazza, che la Regione Toscana intende cedere alla Normale, come ha annunciato il Vicepresidente Federico Gelli alla presenza del Vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli il 9 ottobre in questa sala, a condizioni peraltro ancora da stabilirsi.

Se la nostra biblioteca ha dei problemi di spazio, non è per caso. Dalla piccola biblioteca di servizio della Normale di un tempo (“forte” solo in pochi settori, come la matematica e la filologia classica), essa è cresciuta fino a

circa 800.000 unità bibliografiche e 4000 periodici, per oltre un milione di volumi, diventando una tra le principali realtà bibliotecarie nel panorama italiano ed europeo; in particolare fra quelle a scaffale aperto, molto rare in Italia, ha una posizione importante per dimensione e per qualità. E’ anche per questo che in essa sono confluite e confluiscono numerose e prestigiose donazioni di biblioteche private di importanti studiosi. Citarle tutte mi sarebbe qui impossibile: mi basti ricordare le raccolte librarie di Michele Barbi, di Francesco Flamini, di Paul Oskar Kristeller, di Ernesto Codignola, di Giorgio Pasquali, di Delio Cantimori, di Arnaldo Momigliano. Negli ultimi anni registro, a parte donazioni minori, quelle importantissime delle biblioteche di Eugenio Garin, di Sebastiano Timpanaro, di Scevola Mariotti, di Cesare Luporini, di Ettore Passerin d’Entrèves, di Vittore Branca. Sono, per lo più, biblioteche di Lettere, ma non mancano le donazioni anche sul fronte della Classe di Scienze: segnalo fra queste la raccolta matematica di Enrico Betti, il fondo Gian Carlo Wick (illustre fisico teorico che fu professore in Normale) e l’importante e preziosa biblioteca di un professore di Johns Hopkins, Clifford Truesdell, sulla storia della meccanica. Alcune di queste biblioteche si arricchiscono anche di cospicue raccolte documentarie, come il preziosissimo epistolario Garin, che rappresenta uno straordinario spaccato di storia della cultura italiana per tutto il Novecento. Le donazioni degli ultimi anni assommano a circa 200.000 volumi, e ci invitano a costituire una sezione speciale, una “biblioteca delle biblioteche” che avrebbe pochi paralleli al mondo, e che a maggior ragione abbisogna di nuovi spazi accuratamente progettati.

Le strutture di ricerca della Scuola sono cresciute in questi anni con la creazione non solo di numerosi gruppi di ricerca, ma anche di centri e laboratori di studio: nella Classe di Scienze ricorderò il Centro di ricerca matematica Ennio De Giorgi, il centro NEST (National Enteprise for nanoScience and nanoTechnology), i gruppi di ricerca di Analisi armonica, di Analisi in dimensione infinita, di Astrofisica, di Calcolo delle variazioni, di Fisica delle particelle, di Fisica teorica, di Geometria diofantea, di Sistemi dinamici, di Geometria analitica, e infine i due Laboratori (Neurofisiologia e Biologia molecolare) che la Scuola ha presso l’area di ricerca del CNR e sulla base di convenzioni con esso che intendiamo sviluppare. Nella Classe di Lettere, ricorderò il Centro archivistico e quello di Cultura medievale, il Centro per l’elaborazione informatica di Testi e immagini, il centro Signum che si occupa di archivi e biblioteche, il gruppo di ricerca sulla musica del mondo classico, i Laboratori di Arti Visive, di Linguistica, di Archeologia e topografia, di informatica per le lingue antiche, e infine l’ultimo nato, il LARTTE (Laboratorio per l’analisi, la ricerca, la tutela, le tecnologie e l’economia dei beni culturali). In questi centri e laboratori gli allievi della Scuola trovano un luogo di ricerca e di formazione che integra opportunamente l’attività propriamente didattica. L’aggiunta di sempre nuove discipline e di docenti di grande prestigio (fra cui alcuni provengono da famose università straniere come Monaco, Harvard, Heidelberg, UCLA) è stata ed è fra le preoccupazioni più costanti della Scuola. Le Edizioni della Normale, rinnovate e rilanciate in un formato più agile ed elegante grazie alle cure del prorettore prof. Michele Ciliberto, hanno intensificato e differenziato la loro produzione, e vengono distribuite nelle principali librerie del Paese contribuendo alla diffusione della conoscenza e all’immagine della Scuola.

Fra le più recenti realizzazioni, segnalo infine che il Conservatorio di Santa Chiara di San Miniato, per delibera del proprio Consiglio di Amministrazione presieduto dal Comm. Silvano Rocchi, si è trasformato in Fondazione, il cui scopo precipuo sarà d’ora innanzi di sostenere le attività della Scuola Normale. Nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione, insediatosi pochi giorni fa, la Normale nomina per statuto quattro membri su cinque: la Fondazione potrà dunque contribuire nel futuro, col suo patrimonio ricco e prestigioso, a nuove linee di attività della nostra Scuola, sia a San Miniato che a Pisa.

A San Miniato la Normale già da alcuni anni colloca uno dei corsi di orientamento pre-universitario che, prima in Italia, ha cominciato a organizzare dal 1966: cominciare dagli allievi dei licei la ricerca del talento che è vocazione precipua della nostra Scuola è diventata una delle più significative attività della Normale negli ultimi anni, e certo lo sarà nei prossimi, tanto è vero che negli ultimi cinque anni i nostri corsi di orientamento da due sono diventati sei, e saranno forse sette nel 2007. E’ anche per questo, oltre che per un’accorta e intensa cura per la comunicazione delle attività della Normale sulla stampa (curata da Massimiliano Tarantino e ora da Flavia Carrara), che il numero degli aspiranti normalisti è in continua crescita, e quest’anno per la prima volta è andato oltre 1000. Un altro di questi corsi di orientamento è tradizionalmente collocato nel Palazzone di Cortona, prestigiosa villa che il card. Silvio Passerini eresse per sé nel primo Cinquecento e che fu donata alla Normale dal suo erede conte Lorenzo Passerini. In questi anni abbiamo messo a punto un accurato progetto di restauro storico e di rifunzionalizzazione del Palazzone, che –se sapremo trovare le risorse—ne consentirà un pieno utilizzo per attività culturali, permettendo anche la visita agli ambienti affrescati da Luca Signorelli e dal Papacello.

La crescita di cui ho delineato alcuni elementi è essenziale, vorrei sottolineare, non solo per la Scuola, ma per le istituzioni del Paese nel loro complesso. Rafforzando e definendo con crescente precisione la fisionomia della Normale, essa crea e addita un modello di riferimento al quale dovrebbe sapersi rapportare la confusa serie di riforme e di iniziative che ha portato negli ultimi dieci anni alla creazione di una ventina di scuole autodefinitesi “d’eccellenza” in tutto il Paese, quasi sempre senza strutture di base né risorse o programmi per crearle. Perciò non vogliamo mai perdere di vista la duplice funzione della vita istituzionale della Normale, per sé stessa ma anche come modello italiano delle Scuole di formazione di alta qualità.

I risultati che la Scuola ha raggiunto negli ultimi anni non sono merito del suo direttore, bensì di uno sforzo collegiale e condiviso, che si è esplicitato attraverso i suoi organi di governo. Ad esso hanno contribuito col loro lavoro quotidiano e col loro contributo critico il personale tecnico e amministrativo, i ricercatori e i docenti della Scuola, i normalisti, il nostro Comitato di valutazione e l’Advisory Committee internazionale di cui ci siamo dotati. Perciò, nel delineare alcuni obiettivi per il futuro (dunque anche al di là della mia direzione della Scuola) non intendo affatto proporre il “testamento spirituale” di un direttore al termine del proprio mandato, bensì le linee generali di processi già in atto, che – ne sono certo – la Normale saprà portare a compimento.

Alcuni dei progetti di cui ho parlato dovranno esser condotti a termine: sarà necessario completare il restauro e la rifunzionalizzazione del grande Compendio di San Silvestro, chiudere l’accordo con la Regione Toscana su Palazzo della Canonica e collocarvi la nostra “biblioteca delle biblioteche”, portare a termine la ristrutturazione del Collegio D’Ancona, avviare quella del Timpano, e infine rivedere la destinazione e la funzione di alcuni immobili della Scuola, secondo un piano già elaborato dal prorettore all’edilizia prof. Lorenzo Foà. Dovremo, presumibilmente nella cornice dell’accordo di programma fra Regione Toscana e Ministero dei Beni Culturali, reperire le risorse per il restauro funzionale del Palazzone di Cortona secondo il progetto già pronto e condiviso con il Comune di Cortona. Anche per queste ragioni appare necessario rafforzare i già positivi legami con la Regione Toscana e con gli enti locali che accolgono le strutture della Scuola e che speriamo possano contribuire alla sua crescita.

Sarà necessario incrementare gli investimenti sulla ricerca, ma anche razionalizzare le strutture di ricerca evitando sia la loro evoluzione verso strutture monocattedra sia le sovrapposizioni tematiche e funzionali fra Centri e Laboratori. Sarà necessario, per questi e altri progetti, assicurare la costante anche se modesta crescita delle risorse, sia quelle provenienti dal finanziamento statale che le altre che potranno raccogliersi attraverso donazioni ed erogazioni liberali, o ancora attraverso la commessa di ricerche alla Scuola. Purtroppo anche la Finanziaria 2007 non segna, nonostante il mutato segno della maggioranza di governo, quella positiva inversione di tendenza che è da molti anni auspicata, e il nostro Paese è ancora ben lontano in questo campo non solo dagli obiettivi fissati dall’agenda di Lisbona, ma anche dalla media dei Paesi europei. Perciò la Fondazione “Santa Chiara” dovrà evolversi, in sintonia con l’Associazione Amici della Normale e con l’Associazione dei Normalisti, svolgendo anche una propria specifica attività di fund raising per le attività della Scuola sia a Pisa che a San Miniato.

Una delle mete che dobbiamo riproporci è di alzare il livello della nostra tradizionale “caccia dei talenti”, incrementando, dall’attuale 9% al 15-20% almeno, la percentuale di allievi non italiani (già ora i compiti del concorso si possono fare in varie lingue oltre l’italiano). Dobbiamo saper coinvolgere nei nostri corsi di orientamento pre-universitario (e in quelli per la laurea specialistica) anche gli allievi di scuole italiane all’estero, di scuole di altra lingua in Italia, e di scuole di ogni parte del mondo in cui sia insegnato l’italiano; ma dobbiamo saper attrarre ai concorsi di ammissione in Normale, sia al corso ordinario che a quello di perfezionamento, ottimi candidati da tutti i Paesi, in misura superiore a quanto già accade. Sarà però necessario anche rivedere in tempi brevi il percorso curricolare dei normalisti, la cui qualità è messa a repentaglio da interpretazioni a volte troppo schematiche della riforma detta del “tre più due”. Nuovi accordi con l’università di Pisa, e se necessario con altri Atenei, dovrebbero portare a ridefinire il curriculum di normalista delle varie discipline senza il minimo cedimento ai meccanismi di appiattimento della qualità che si sono purtroppo talvolta instaurati. Sarà necessario ripensare il nostro perfezionamento, che ha anticipato di oltre 50 anni il dottorato di ricerca delle università italiane ma richiede un rilancio e una nuova normazione, mantenendone l’equipollenza di legge col dottorato di ricerca. A questi ed altri progetti sono intenti i docenti della Scuola, e in particolare il prorettore alla didattica prof. Mario Vietri, il preside della Classe di Lettere prof. Massimo Mugnai e il preside della Classe di Scienze prof. Fulvio Ricci. Dobbiamo rendere sempre più europea la nostra Scuola, proseguendo il già considerevole incremento degli scambi con l’estero, curati dal prorettore prof. Pier Marco Bertinetto.

Non meno indispensabile è porsi il problema della carriera dei normalisti, reso molto acuto dalla crescente “endogamia” delle università italiane, che negli ultimi anni prevedono ormai quasi solo carriere interne. Questo sviluppo, in controtendenza rispetto all’Europa, dovrà essere corretto a livello nazionale, né sarà mai possibile che la Normale, data la sua tradizione e le sue piccole dimensioni, possa assicurare una carriera interna ai propri allievi. Peraltro, i risultati di una recente ricerca realizzata dal Capo di Gabinetto dott. Daniele Altamore coinvolgendo oltre 1000 ex normalisti ha evidenziato che circa il 70% di essi svolge attività universitarie e di ricerca in Italia e all’estero.

Se vogliamo evitare la disaffezione e l’”emigrazione” dei migliori non solo dalla Normale, ma dall’Italia, sarà necessario prevedere un sistema più agile e più flessibile di quello attuale (secondo il quale in Normale non si hanno né ricercatori a tempo indeterminato né carriere interne), per esempio introducendo una mescolanza di incentivi particolari per la ricerca e di meccanismi di tenure track. Sotto questo aspetto, come per la didattica, la Normale paga ora il prezzo della propria peculiarità: pur essendo (con le 3 altre Scuole Superiori che si sono ispirate al suo modello, a cominciare dalla pisana Sant’Anna) diversa da tutte le università, essa ricade in una serie di norme generali che non le sono adatte. Occorre dunque, e ho avuto occasione di parlarne col ministro on. Fabio Mussi, che come normalista sarà certo sensibile a questo tema, un organico e mirato provvedimento di sistema sulle Scuole Superiori, a partire dalla Normale. Questo provvedimento di sistema non dovrebbe, a mio avviso, distaccare le nostre Scuole dal sistema universitario, bensì farne un’articolazione del tutto peculiare, caratterizzata da un profilo altissimo di docenti e allievi, dalla concentrazione sulla ricerca come parte “curricolare” anche della didattica, dall’esplicita missione di produrre, per il Paese e per l’Europa, le élites di domani. Dovrebbe dunque contenere due elementi indispensabili: (1) la definizione delle “regole del gioco” di una Scuola Superiore, una definizione che funga da modello, ma anche da argine, alle nuove e spesso improvvisate iniziative a cui assistiamo con crescente perplessità, e che comportano un significativo spreco di risorse pubbliche; (2) l’indicazione di autonomia nella definizione dei percorsi didattici, pur nel necessario raccordo con l’università di Pisa e gli altri atenei di riferimento.

Naturalmente non tutti gli allievi della Scuola sono destinati ad attività universitarie e di ricerca: sarà perciò necessario incrementare in modo sostanzioso le attività del placement office che abbiamo recentemente creato all’interno dell’Ufficio di Gabinetto, e che già assicura a molti normalisti esperienze iniziali di lavoro dall’editoria alla banca, dall’industria alla diplomazia. Anche l’opportunità, anzi la necessità che la Normale offra delle linee formative di natura fortemente e altamente professionalizzante dev’essere ancora adeguatamente affrontata, rivedendo ed elaborando, nello specifico spirito della Normale, il formato spesso troppo vago e nebuloso del master “all’italiana”, e allineandolo sulle migliori esperienze europee. Infine, la Normale dovrebbe recuperare dalla propria memoria storica le ragioni istituzionali originarie della propria nascita, e cioè la formazione di ottimi insegnanti di scuola media superiore, e chiedersi (come per molto tempo non ha fatto) quale contributo essa possa dare in un momento di crisi assai palese della scuola media superiore in Italia. Due direzioni appaiono promettenti: l’una è quella di aggiungere al curriculum del normalista la possibilità di esperienze didattiche dirette, che consentano di abbreviare il percorso verso l’insegnamento medio, offrendo alla scuola italiana insegnanti di qualità; l’altra è la creazione di segmenti di formazione continua per piccoli gruppi di insegnanti medi, come da esperimenti già avviati qui in Normale per alcune discipline, come filosofia e matematica. Questi formati “extracurricolari” e la didattica “curricolare” dovrebbero trovare equilibrio e unità attraverso la rinnovata e rafforzata figura del prorettore alla didattica, il già menzionato prof. Mario Vietri, il quale non a caso, data la peculiarità della Scuola, è anche prorettore alla ricerca.

Un altro sviluppo della Normale, se si troveranno le risorse adeguate, si può qui suggerire. Come già accade in particolare per iniziativa del Centro di matematica “De Giorgi” e del suo direttore prof. Mariano Giaquinta, anche in altre discipline potrebbe realizzarsi la creazione in Normale di adeguate strutture di ospitalità per docenti e ricercatori stranieri che vi trascorrano un proprio sabbatico. E’ questo il modello di istituzioni assai affermate, dall’Institute for Advanced Study di Princeton al Wissenschaftskolleg di Berlino, a istituzioni analoghe a Budapest, a Vienna, a Los Angeles e altrove. Nulla di simile esiste in Italia, e la Normale (dove già accade che di loro iniziativa professori stranieri vengano a trascorrere dei periodi di studio) potrebbe aggiungere alle proprie attività un “segmento” in tal senso, come suggerisce anche una recente proposta del prof. Glenn Most e di altri docenti di discipline antichistiche per la creazione in Normale di un centro di studi sulla Storia della tradizione classica.

Attraverso questa e altre sue articolazioni, oltre che con la propria attività istituzionale, la Normale dovrà fare il massimo sforzo per consolidare e sviluppare la propria apertura all’esterno e un proprio specifico, efficace contributo alle grandi questioni culturali del nostro Paese, da quella del patrimonio culturale e dei suoi usi e destini al governo della tecnologia e dell’economia, alle questioni dell’energia e delle energie alternative. Su queste ed altre grandi tematiche il contributo di idee di chi fa ricerca, in Normale come altrove, potrebbe e dovrebbe aspirare a influenzare la discussione e le scelte politiche, additando strade inesplorare e ipotesi di lavoro, mettendo a confronto l’Italia con altri Paesi in Europa e fuori.

Accanto a queste linee d’indirizzo, molte altre potrei citarne oggi, e certo altre ancora se ne aggiungeranno nel tempo e col mutare degli uomini che fa crescere le istituzioni. Dobbiamo costruire ora non solo il prossimo Piano Triennale di sviluppo della Scuola, quella che vorrei chiamare l’agenda 2010 per la Normale: perché l’anno del 200° anniversario del decreto napoleonico che la istituì in Pisa sia non quello di una compiaciuta celebrazione del passato, ma il trampolino di lancio per un futuro ricco di attività, di progetti, di idee e di risultati. Perché la nostra Scuola, che fu già istituzione dell’impero francese, e fu poi imperial-regia nel Granducato di Toscana e negli stati degli Asburgo, quindi divenne e resta italiana, sia fra le istituzioni-guida della nuova Europa, grande patria comune come Carlo Azeglio Ciampi ci ha tanto spesso ricordato con forza. Perciò dobbiamo anche oggi ripetere, rivolgendoci non a noi stessi ma alla Scuola come istituzione, le parole con cui Delio Cantimori concluse il suo discorso celebrativo del 150° anniversario della fondazione della Normale : esto perpetua .