Quanti erano, che dimensioni avevano e quale era il ruolo dei buchi neri nelle prime fasi dell’universo? Una indagine guidata da Bin Yue, dell’Accademia Cinese delle Scienze alla quale hanno preso parte Andrea Ferrara, professore di Cosmologia della Scuola Normale Superiore e Ruben Salvaterra dell’INAF-IASF di Milano ha realizzato un modello teorico di formazione ed evoluzione dei buchi neri subito dopo il Big Bang.

Secondo tale modello il numero di questi oggetti tra le prime stelle sarebbe molto più elevato di quanto ritenuto finora. I dati su cui si base lo studio erano stati raccolti nell’infrarosso dai satelliti Spitzer della NASA e AKARI dell’agenzia spaziale giapponese JAXA. Il risultato coincide con quanto rilevato qualche giorno fa in un lavoro guidato da Nico Cappelluti dell’INAF, ottenuto mettendo in relazione le fluttuazioni della radiazione di fondo cosmico nei raggi infrarossi con quelle registrate nei raggi X.

Dunque i buchi neri formatisi subito dopo l’inizio dell’esistenza dell’universo avrebbero una massa dell’ordine di centomila volte quella del Sole e si sarebbero formati quando l’Universo aveva meno di 300 milioni di anni direttamente dal collasso dei primi aloni di materia primordiale: sarebbero questi oggetti le sorgenti responsabili delle fluttuazioni di radiazione infrarossa di fondo registrate dai satelliti Spitzer e AKARI. Lo studio ha attirato la rivista Science che ha dato risalto ai risultati presentati attraverso una breve comunicazione tra gli Editor’s Choice di questa settimana.