Gestire, informare e comunicare nuovi allestimenti museali in un caso concreto, quello di Pompei e Napoli all’interno del progetto ARCUS. Ne parlano Benedetto Benedetti, per la Normale, e Giovanni Guzzo, Soprintendente Speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, nel numero di dicembre de Il Giornale di Civita, allegato de Il Giornale dell’Arte.

Benedetto Benedetti

Per un’analisi dello stato della ricerca museologica in Italia per quanto riguarda il rapporto fra siti archeologici e musei, anche in funzione dell’impiego di tecnologie innovative nella conoscenza e nella informazione-comunicazione, si deve oggi partire da alcune considerazioni preliminari. Ritengo che la mission e l’idea

portante di un museo (e di un sito archeologico), nel suo rapporto fra contenuto esposto e allestimento-servizi al pubblico, debba mirare alla conoscenza critica, alla conservazione (e sistemazione del sito), alla informazione e alla comunicazionedivulgazione nei vari livelli di utenza. Indubbiamente i musei del collezionismo artistico e quelli archeologici in genere hanno una storia e un’evoluzione più conservativa (senza implicazioni di giudizio di qualità), soprattutto in Italia. I motivi sono diversi ma alla base c’è il giusto peso, in sé coerente, delle tradizioni del collezionismo. Si deve però mettere in conto anche una carenza di attenzione, una

impreparazione “strutturale” agli aspetti comunicativi, didattici e divulgativi, incrociate con una inadeguatezza e insufficienza nella composizione dello staff museale, oltre alla mancanza di adeguati investimenti. Allo stesso tempo, nell’evoluzione e nelle trasformazioni di un museo e sito archeologico, si deve tener conto del rapporto con la mission originaria del museo e della sua storia in relazione alla evoluzione e trasformazione delle esigenze degli utenti specialisti (studiosi e tecnici) e degli utenti ordinari, insomma del pubblico nella sua diversità culturale. Il caso esemplare è il Victoria&Albert, il grande museo della storia del design britannico (mi sembra la definizione più comprensiva), che ha avuto un’evoluzione importante nell’ultimo nuovo allestimento e nelle intenzione della sua dirigenza, e sembra ora pronto a una ulteriore prossima trasformazione (con una previsione di “durata” dell’ideaallestimento di ca. 10-20 anni).

Si può ora restringere l’analisi al rapporto fra museo e sito archeologico, tema particolarmente rilevante in Italia e fortemente connotativo delle strette relazioni fra territorio di scavo e museo. Il caso italiano e la natura del suo territorio, caratterizzato da un patrimonio archeologico fortemente diffuso soprattutto al Sud, costituisce un caso privilegiato e indubbiamente unico nel mondo per la sua forte continuità e consolidata tradizione che deriva da, e allo stesso tempo marca, la stretta e profonda correlazione fra patrimonio culturale

“locale”, territoriale e museo della conservazione-esposizione di tale patrimonio archeologico. Questo deve essere il punto di forza e di valorizzazione del patrimonio museale archeologico italiano che può ben compensare il gap qualitativo nella gestione e comunicazione dei musei italiani. In Italia raramente i

musei sono adeguatamente rinnovati e dotati di servizi per la public quality, e soprattutto prevalgono musei allestiti in strutture architettoniche non appositamente costruite ma adattando spesso complessi monumentali poco idonei per allestimenti e servizi museali al pubblico efficaci e efficienti.

Caso esemplare è quello del numero veramente esiguo di visitatori di un grande museo archeologico come il Salinas di Palermo che espone manufatti monumentali di grandissimo rilievo (fra tutti le metope di Selinunte), rispetto ai più di 200.000 visitatori di Monreale e della Cappella Palatina. I problemi, come le soluzioni, sono molteplici e complementari. Una prospettiva metodologica potrebbe essere, per i casi museali analoghi soprattutto nel sud, lo sviluppo del potenziale diretto rapporto e la correlazione stretta del suo contenuto museale con la rete dei siti e luoghi di scavo archeologici nel territorio, anche in analogia con il rapporto straordinario del MANN di Napoli con tutti i siti dell’area vesuviana.

Lo sviluppo e la gestione di questa straordinaria integrazione di museo e territorio del patrimonio museale costituisce una ricchezza culturale e scientifica e un potenziale museale unici al mondo. In questo caso il supporto di tecnologie multimediali innovative, ma appositamente elaborate d’intesa con i responsabili dei siti-musei, potrebbe costituire la base di un serio ed efficace programma di sviluppo e di valorizzazione dei museisiti nella linea storica della grande tradizione museale italiana. Parto dalla considerazione di base che l’idea portante di un museo (e di un sito) debba mirare come primo obiettivo alla conoscenza critica, alla conservazione (e sistemazione del sito), alla informazione a vari livelli di utenza e alla comunicazionedivulgazione.

Se la comunicazione museale, cioé l’allestimento (non in senso tecnico ma come idea museale) e i connessi servizi al pubblico, sono carenti, carente molto spesso è anche l’informazione come sistema di strumenti di conoscenza critica ben organizzati e accessibili. La comunicazione è insoddisfacente in moltissimi musei, e soprattutto rispetto agli standard attuali di molti paesi europei. È di qua che deve partire un intervento di

ristrutturazione per la valorizzazione del museo e del sito archeologico anche per l’ottimizzazione della sua public quality: dalla qualità della conoscenza critica alla qualità della comunicazione. Un grande sforzo in questo senso è stato intrapreso a Pompei, con una scelta coraggiosa nell’ambito degli interventi consentiti da un ampio progetto reso possibile da ARCUS spa.

La Scuola Normale di Pisa sotto la direzione e supervisione diretta della Soprintendenza di Pompei (ora SANP), ha proceduto preliminarmente alla riorganizzazione del sistema informativo globale; ha privilegiato, d’intesa con la SANP, l’obiettivo della conoscenza critica in funzione della informazione sugli aspetti della comunicazione, almeno come priorità temporale e sequenziale (a questo proposito si veda anche l’articolo del professor Guzzo pubblicato di seguito). Si è finalizzato al rigore scientifico e conoscitivo ogni intervento

programmato nell’ambito del “nuovo” sistema informativo globale facendone la base critica per ogni ulteriore piano e prodotto di comunicazione, didattica e divulgazione previsto nel progetto ARCUS. Insieme alla organizzazione di una piattaforma on line e webbased del GIS pompeiano, si è costituito un progetto

sperimentale, criticamente e scientificamente impostato ed elaborato, di modelli 3D (in collaborazione con il Politecnico di Milano e con l’Università di Bologna, oltre che al CINECA e l’ETH di Zurigo) per la rappresentazione del foro e di elementi monumentali del foro di Pompei per costituire modelli prototipali di analisi e di supporto scientifico alla documentazione dei dati di scavo, di restauro e di successive

sistemazioni dei relativi manufatti e ambienti. Si sono definiti e elaborati una serie di rigorosi standard di modellazione destinati alla futura comparazione scientifica di modelli rappresentativi 3D proposti da enti e studiosi. Il progetto ha in corso, prima della sua conclusione, anche una elaborazione di prodotti specifici per

la comunicazione derivati (e derivabili) dai modelli 3D già attuati, anche nella ricostituzione e aggiornamento del nuovo sito WEB. Questo comprenderà anche il Museo MANN di Napoli, che custodisce gran parte dei reperti dei siti vesuviani, con l’obiettivo di costituire, su una base critica conoscitiva più approfondita e rigorosa, un sistema comunicativo per il pubblico reale e on line, soprattutto, analogo all’“Eternal Egypt” attuato in riferimento al Museo del Cairo.

Articolo comparso sul numero dicembre de “Il Giornale di Civita”. Titolo originale

Gestione, informazione, comunicazione.