Roma, Colosseo, 3 marzo-16 settembre 2007

Al dio Eros è dedicata la nuova mostra del Colosseo. Per quanto nominato e raffigurato innumerevoli volte, Eros è forse tra gli dei greci la figura meno chiaramente definita nella sua essenza divina e quella che meno possiede una ricca narrativa mitologica.

Eppure, nell’antichità classica il dio è entità cosmica primordiale, principio animatore e ordinatore dell’universo, incarnazione della potenza dell’amore, costruttore di relazioni sociali, allegoria metaforica e religiosa.

La mostra tenta, dunque, di indagare i diversi, e a volte contrastanti, aspetti della sua figura. Non a caso, i Greci conoscevano un eros e un suo contrario, Anteros, come si vede nella pisside attica a figure rosse dal Wagner Museum di Wurzburg. Al Colosseo sono esposte anche opere note a tutti, come il celebre Eros arciere dei Musei Capitolini – una delle migliori copie della statua scolpita da Lisippo per il santuario del dio a Tespie -, oppure la splendida Afrodite accovacciata, dal Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo, una scultura da cui emerge viva la sensualità della dea.

Il legame tra le due divinità è un tema fondamentale da esplorare per comprendere a fondo la fisionomia di Eros, le cui funzioni sono complementari e al tempo stesso autonome rispetto alla dea. È su questa riflessione che si apre la mostra. Se Afrodite è incontestabilmente la divinità che rappresenta ed evoca l’unione e il godimento sessuale, Eros è a sua volta una forza più astratta e irresistibile insieme: è quel desiderio d’amore, di cui Saffo dice “…. mi squassò l’anima come il vento del monte si scaglia sulle querce”.

A questa forza impetuosa neppure gli dei possono resistere: lo stesso Zeus, signore dell’Olimpo, viene colpito dalle frecce di Eros, ed è sotto lo stimolo imperante del desiderio d’amore che nascono alcuni ‘variegati’ miti che coinvolgono il dio: Leda e lo Zeus-cigno, qui nel gruppo dei Musei Capitolini, Europa e lo Zeus-toro, nel cratere apulo dei Musei Vaticani, Danae e il dio, questa volta trasformato in pioggia d’oro per raggiungere l’amata nel cratere dal Museo del Louvre. Gli effetti di Eros non riguardano però solo la mitologia, come dimostrano le sezioni successive della mostra. Anzi, la frequenza e i contesti in cui i lirici e i tragici greci lo evocano e i ceramisti attici lo raffigurano, mostrano la centralità del dio all’interno di una società in cui le relazioni ‘erotiche’ hanno una gran parte anche nella formazione etico-sociale dell’individuo, in particolare attraverso l’istituzione della relazione pederastica e quella del matrimonio.

Testimonianza di questi due momenti centrali nella vita dell’uomo e della donna greci sono le innumerevoli raffigurazioni su vasi con scene da simposi e palestre, i luoghi in cui si realizza il rapporto omofilo, nonché da ginecei e matrimoni: in mostra alcuni esempi come le due kylikes attiche a figure rosse dal Museo archeologico nazionale di Firenze con esplicite scene erotiche all’interno, oppure lo skyphos attico dal Museo archeologico nazionale di Taranto con giovani atleti nel ginnasio, il quale fra l’altro reca l’iscrizione kalòs, ‘bello’, a sottolineare la sua natura di dono-elogio dell’amante all’amato; rapporti eterosessuali o matrimoni compaiono invece nel piatto apulo dal Museo etrusco di Villa Giulia, nonché in un gruppo fittile di figurine a banchetto del Museo del Louvre.

La libertà e la spontaneità con cui – ai nostri occhi – i Greci vivevano i rapporti sessuali emergono in molte rappresentazioni come qui la kylix attica di Scite dal Museo del Louvre. La piena e naturale accettazione dell’atto sessuale in sé, un tabù che permane ancor oggi, non volevano dire però perdita di controllo e sfrenatezza: queste – significativamente – erano caratteristiche di personaggi semi-umani come i satiri, come si vede nel frammento di kylix del Pittore di Makron dal Museo di Firenze.

Nel IV secolo a.C., forse grazie anche alle riflessioni fatte nei contesti tragici, il
significato di Eros acquista una connotazione più filosofica. Nel Simposio, ad esempio, Platone espone diverse teorie sulla vera natura di amore. Da essere “il più bello e il più buono tra gli dei, il più giovane, di delicata natura e flessuoso”, rappresentazione cioè dell’adolescente perfetto nel rapporto omosessuale, che ha significativamente preso le forme nell’Eros come lo scolpisce Prassitele (in mostra una copia dal Museo archeologico nazionale di Parma), fino alla teoria platonica vera e propria che lo fa un “demone” intermediario tra gli dèi e l’uomo, una forza perpetuamente insoddisfatta, destinata a colmare la lontananza dell’uomo dall’idea eterna e la separazione dell’androgino primordiale in creature di sesso femminile e maschile. E poiché il filosofo dichiara che la contemplazione della bellezza ideale, sollecitata da Eros, è superiore all’adesione alla seduzione sensuale, il cd. Amore platonico è diventato, nel linguaggio corrente, modello di un sentimento che non implica il rapporto fisico.

Ancora in un dialogo di Platone, il Fedro, troviamo la prima interpretazione del mito di Eros e Psiche come allegoria del percorso dell’anima fino all’unione con l’amore divino, un significato che diventerà in seguito comune nelle religioni iniziatiche fino ad essere adottato anche in ambito cristiano. Esempi saranno il gruppo di Amore e Psiche del Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps a rappresentazione della novella di Apuleio, e un piccolo Eros che abbraccia Psiche dal Louvre.

Dal IV secolo a.C. in poi assistiamo a uno sdoppiamento e a quella che si può dire una trasformazione: quanto più il significato astratto prevalente di Eros sarà di tipo filosofico-religioso e nei poeti romani rimanga forte l’antica idea della sua potenza, tanto più figurativamente il giovane efebo diviene bambino, il cd. ‘putto’, che si moltiplica nelle scene e nei contesti più diversi, spesso con una valenza per lo più decorativa. Bastano le scene assai comuni qui rappresentate dal sarcofago ‘nilotico’ del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano.

fonte: electaweb