I ricercatori della Scuola Normale Superiore e dell’Università Vita-Salute San Raffaele hanno individuato quali aree del cervello si attivano per valutare la brillantezza di un oggetto grazie allo studio del meccanismo di un’illusione ottica e alla risonanza magnetica funzionale.

Milano, 31 agosto 2005. E’ capitato a tutti di essere colpiti dalla luminosità della luna piena, solo ora, però, grazie a una ricerca dell’ Università Vita-Salute San Raffaele , sono state scoperte quali aree del cervello ci permettano di capire se e quanto un oggetto sia luminoso e, quindi, di renderci conto di quanto sia brillante la luna nel cielo notturno. Si tratta di un importante passo avanti nel tentativo di disegnare una “mappa” del cervello che potrebbe permetterci di capire l’origine di problemi di alcune funzioni cerebrali.

Lo studio, condotto dai ricercatori dell’ Università Vita-Salute San Raffaele in collaborazione la Scuola Superiore Normale , l’ Istituto Stella Maris e il CNR di Pisa, verrà pubblicato domani sul numero di settembre di Neuron , una delle più importanti riviste di neuroscienze.

Grazie a uno scanner per la risonanza magnetica funzionale i ricercatori hanno potuto osservare quali aree del cervello dei soggetti si attivassero quando venivano presentate loro immagini con un particolare tipo di illusione ottica – un’illusione nota da tempo che spinge l’occhio umano a vedere un’immagine più brillante dello sfondo su cui si trova pur avendo la stessa identica luminosità – e quali entrassero in funzione quando veniva sottoposta loro la stessa immagine priva, però, di questa illusione.

Il meccanismo dell’illusione ottica è molto semplice: immaginiamo di avere una rappresentazione stilizzata della luna, rappresentata come una semplice circonferenza. L’immagine ha lo stesso colore, la stessa luminosità e lo stesso contrasto dello sfondo su cui si trova. Il contorno della luna è rappresentato solo attraverso una zona di colore più chiara all’interno e una zona più scura all’esterno. Qui l’inganno per il nostro cervello: l’immagine della luna, proprio a causa di questo bordo, viene percepita più luminosa rispetto allo sfondo che pure è esattamente dello stesso colore.

L’illusione può essere addirittura invertita: se il bordo chiaro viene posto all’esterno e quello scuro all’interno la figura sembrerà meno brillante rispetto allo sfondo, quasi una luna “nera”.

Se poi i due bordi, quello più chiaro e quello più scuro, vengono sostituiti, per esempio, da una semplice linea l’illusione scompare facendo apparire la luna per come è, cioè dello stesso colore dello sfondo.

I ricercatori dell’ Università Vita-Salute San Raffaele hanno presentato nel corso dell’esperimento due versioni della stessa immagini ai soggetti, alternando quella dove l’illusione ottica era presente a quella dove invece era assente.

Le immagini dell’attività cerebrale ricavate dalla risonanza magnetica hanno mostrato che le aree del cervello attivate dalle due versioni dell’immagine erano le stesse, fatta eccezione, però, per due aree della corteccia che entravano in gioco solo quando era presente l’illusione ottica.

Questa la novità dello studio: se l’illusione ottica falsa la nostra capacità di valutare il chiaro-scuro, allora va attribuita a queste aree cerebrali questa specifica funzione.

Si tratta inoltre di un’interessante conferma della teoria che immagina il nostro cervello organizzato in moduli, dotati ognuno di una specifica funzione.

“Il mondo visivo, così come viene elaborato dal nostro cervello” – sottolinea Maria Concetta Morrone, docente di psicologia fisiologica avanzata presso la facoltà di Psicologia dell’ Università Vita-Salute San Raffaele e uno degli autori della ricerca – “è molto diverso da quello fisico. Una consapevolezza che non è nuova: quest’illusione ottica era infatti già nota agli artisti cinesi sin dal XIII secolo la utilizzavano con efficacia per dare maggiore risalto alle figure rappresentate sulle ceramiche. Solo oggi, però, siamo riusciti a capire grazie alla risonanza magnetica funzionale dove sia il ‘trucco’ e quali aree del cervello vengano ‘ingannate’.”

Lo studio è stato possibile grazie a finanziamenti del Miur (Ministero dell’Educazione, Università e Ricerca).