Il grande pittore a I Venerdì del direttore della Normale. “Ognuno di noi deve farsi portatore di idealismi e non di dogmatismi”. “L’arte moderna è in crisi per il consumismo dilagante e perché la vera arte, la vera poesia, è aperta, e la nostra società è sempre più chiusa e dogmatica”. Di questo e del proprio percorso artistico Kounellis ha parlato con Germano Celant il 24 novembre alla Normale.


Il video streaming della conferenza (WMV)


L’intervista di Kounellis al TGR (WMV)

Se stupire è un’arte, Jannis Kounellis, poeta, scultore, che negli anni Sessanta rivoluzionò il concetto di esposizione con allestimenti di materiali e animali, è uno dei più importanti artisti contemporanei. La sua poetica, che fa tutt’uno con una filosofia intransigente votata all’arte per l’arte, riesce tutt’oggi a stupire gli spettatori, a destabilizzarli, estraniando oggetti della quotidianità dal loro contesto, ridando loro una nuova dimensione.

La generazione di Kounellis, quella dell’arte povera, secondo la definizione di Germano Celant, anch’egli presente alla conferenza alla Normale, è quella che partendo dagli anni 50, da quel tardo dopoguerra caratterizzato dalla pittura “tonale” e dalla poesia di Moranti, inizia a muoversi su binari nuovi. E’ quella degli artisti – pittori, per la precisione, come Kounellis si definisce – che si prendono una responsabilità nuova sull’opera d’arte, non lasciandola semplicemente attaccata ad un muro ma entrando al suo interno, sulla lezione dei dipinti di Pollock. Le opere di Kounellis fanno diventare partecipe il pubblico nell’abbraccio dell’opera – come i cavalli vivi esposti all’Attico di Roma nel 1969 -. Opere d’arte viventi, che odorano, che vanno nutrite, che aprono il proprio spazio agli spettatori.

“Eravamo una generazione di artisti italiani aperti, non avevamo un dogma da esportare. Assomigliavamo a Caravaggio, la cui poetica non si rifaceva a una condizione ideologica. E io penso che oggi come oggi malgrado tutto, abbiamo avuto ragione noi. Il dogma è realmente demodè. Indica una chiusura e ci ha portato a livello politico a delle catastrofi spaventose”

Kounellis ha tenuto a precisare il debito e il legame che deve unire l’artista alla tradizione.

“Qualsiasi variazione è un tradimento. Io penso che il tradimento è da punire con la morte. Si può aprire molto senza tradire. Abbiamo in Italia un grande patrimonio artistico, sarebbe impossibile che questo patrimonio non condizioni la nostra arte. Non si può abbandonare le possibilità drammatiche che questa tradizione offre”.

Per Kounellis è sempre stato un problema anche porsi all’interno della logica di mercato delle aste e della gallerie. “Uno come me si trova in grande imbarazzo in un’asta di oggetti. Per quanto capisco la logica economica, il liberalismo economico è contrario alla vera arte. Io mi sento liberale, talmente liberale che non sono così. Uno che ha esposto I cavalli non può seguire la logica del mercato”.

Ecco perché l’artista greco rivoluzionò la stessa concezione di galleria, non più il luogo ottocentesco dell’esposizione di opere ma spazio vivente. “La galleria come luogo di elementi – ha spiegato Celant -, è stata forzata a diventare un grande spazio di teatralità, che produce energie. La galleria originariamente era un luogo sociale, con l’arrivo della catena dei musei il ruolo sociale è decaduto. Oggi le gallerie sono enormi cattedrali, che copiano la concezione dei musei, oppure ci sono le gallerie ottocentesche. Kounellis ha percorso un’altra strada”.