Alla Normale sale in cattedra Antonio Tabucchi e difende la letteratura moderna, troppo spesso accusata di
essere nostalgica del “buon tempo antico”. Per lo scrittore sono numerosi gli esempi che testimoniano di una letteratura profondamente ancorata al presente, di cui vede – e scrive – lati positivi e lati oscuri. Due nomi su tutti: Kafka e Cèline.

di Serena Wiedenstritt

Elogiare la letteratura, rivolgendosi ai suoi sicari, che sono di varia natura e usano differenti gradi di ferocia. I libri di Tabucchi ne parlano spesso: nel più conosciuto, Sostiene Pereira, il protagonista è un anziano giornalista alle prese con il regime salazarista. Anche lunedì 2 aprile nella lezione che ha tenuto alla Scuola Normale Superiore lo scrittore pisano di nascita e portoghese di adozione ha parlato degli antiletterari, in primo luogo i nemici in carne ed ossa, quelli che senza mezzi termini attentano alla letteratura perpetrando l’eliminazione fisica dei produttori – e contro i quali nel 1990 a Strasburgo è nato il parlamento internazionale degli scrittori, una sorta di rifugio della letteratura.

Primo nella lista, Tabucchi ha messo Stalin e il regime sovietico in genere. Il secondo esemplare citato è il nazismo, come fenomeno che prima di bruciare gli uomini aveva già iniziato a bruciare i libri, testi che spesso proponevano quella letteratura degenerata che esprimeva una diversa visione del mondo, vale a dire diversa da quella dominante, ossia diversa da quella di chi era al potere.

Oggi una delle maggiori accuse rivolte dai sicari, quelli pacifici, agli scrittori moderni è di essere “antimoderni, nostalgici di un buon mondo antico”. Per Tabucchi non c’è niente di più falso: lo scrittore vive pienamente la modernità, la guarda negli occhi e ne scopre, e scrive, sia gli aspetti positivi che quelli oscuri. Tabucchi al proposito cita Milan Kunder che analizza Franz Kafka e riconosce nella modernità la macchina torturatrice della colonia penale piuttosto che l’insormontabile burocrazia del processo descritti dallo scrittore di Praga.

Altro autore, altra smentita della teoria che la letteratura moderna sia antimoderna perché desiderosa di tornare al “vecchio mondo”: Cèline e il suo avanzare a tentoni nella storia scavando a mani nude nel sangue, quello delle guerre passate e di quelle che stiamo vivendo, è cronaca di attualità, è una presa di coscienza della crudeltà di tutte le guerre, quelle che c’erano e quelle che ci sono.

Ma allora cos’è la letteratura, chiede Tabucchi? In realtà come è impossibile definire il ruolo dello scrittore, altrettanto difficile è limitare la letteratura. Si può parlare di una forma di conoscenza intuitiva, prelogica. Una scienza creativa che scopre qualcosa di già esistente, una sorta di Newton che teorizza la forza di gravità – ma la mela sarebbe caduta lo stesso – o un Flaubert che “inventa” il bovarismo, quando abbiamo tutti visto o provato la sensazione di chi non s’innamora tanto di un’altra persona quanto della sua idea dell’amore. Un altro modo di intendere la letteratura consiste nel definirla come un modo per far scattare un cortocircuito fra elementi apparentemente lontani e distaccati, che solo lo scrittore può ricondurre ad una stessa trama. La letteratura è mobile, mai stanziale, ed anche correttiva, quando modifica gli avvenimenti e cambia, nel suo terreno del possibile, la storia realmente accaduta.

L’ultima domanda destinata a rimanere senza risposta riguarda i motivi che spingono lo scrittore a fare letteratura: a Tabucchi la provocazione di Beckett “scrivo perché non sono buono a nient’altro” non basta, si scrive piuttosto per gioco o “perché la vita è troppo sottile”.