Marco Golla, al secondo anno di Matematica, ricorda la sua esperienza come “atleta” olimpico alla Normale di Pisa. Con uno sguardo al futuro.

di Andrea Pantani

A quando risale il tuo primo incontro con le Olimpiadi?

Le Olimpiadi si svolgono in varie fasi: di istituto, provinciale, nazionale. Alla fase di istituto ho partecipato fin dal primo anno delle superiori. Frequentavo il liceo scientifico Marco Casagrande, a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso. Quindi, da quando avevo 14 anni conosco l’evento.

Che cosa sono gli stage?

Sono fasi di preparazione e di selezione alle gare olimpiche, ai quali partecipano alunni particolarmente meritevoli. La gara nazionale delle Olimpiadi si svolge ogni anno, in due fasi, a maggio, a Cesenatico, presso la Colonia estiva dell’Agip e poi qui a Pisa. C’è poi l’ultimo gradino, le Olimpiadi internazionali, la cui sede varia di anno in anno.

A proposito degli stage, anche tu sei venuto alla Normale?

Due volte allo stage di settembre e una volta a maggio.

E’ vero che i normalisti considerano gli “atleti” come fratellini minori, da iniziare alla Scuola?

In effetti, esiste la tradizione di battezzare le proto-matricole. C’erano serate di scherzi, in un clima credo positivo per una futura integrazione.

Insomma, ti è venuta voglia di provare a diventare allievo…

In effetti è vero. Quando sono venuto qui la prima volta non conoscevo bene come funzionavano le cose alla Normale. Ho trovato un ambiente diverso dagli stereotipi, vivendoci dentro una settimana si ha l’opportunità di comprendere bene in che posto ci si trova e con che tipo di gente si avrà a che fare. E mi è venuto il desiderio di fare parte della Scuola.

Sono più difficili i test di ammissione alla scuola o gli esercizi delle varie fasi delle Olimpiadi?

I test di ammissione sono a un livello superiore rispetto a quelli delle Olimpiadi, almeno per le nazionali. Ma sono stati un trampolino di lancio vero e proprio per affrontare la prova di ammissione alla Scuola, nel senso che danno una preparazione di base che ha un’incidenza molto alta sul test di ingresso. Lo stile degli esercizi è quello dei test, la difficoltà è a loro paragonabile, con un paio di esercizi più accessibili e un paio più difficili.

Sei mai arrivato al gradino più alto, l’International Mathematical Olympiad ?

Ho partecipato alle Olimpiadi del 2004, che si svolgevano ad Atene, in concomitanza con le Olimpiadi vere e proprie. Ero all’ultimo anno di superiori.

Che esperienza è stata?

Il livello di difficoltà degli esercizi è altissimo, ma alla fine la parte prettamente matematica dell’evento è ridotta. C’è ampio spazio per rilassarsi, per stare insieme agli altri. Non è il campionato del mondo di calcio.

Come siamo andati?

La squadra italiana, composta da 6 ragazzi, si è piazzata 49 ª . Nel 2005 siamo andati molto meglio. Io ho ricevuto una menzione di onore per un esercizio risolto correttamente.

Perché ti piace la matematica?

Sicuramente ci sono portato, e questo ha giocato un ruolo non da poco nelle scelte che ho fatto. E’ una materia creativa, totalmente il contrario di quello che si pensa. Non è affatto arida, ma nello stesso tempo ha quel rigore scientifico che altre materie non hanno. E poi secondo me è nobilitata dal fatto che sono possibili pure astrazioni, totalmente slegate dalla realtà.

Eppure la matematica, da sempre, ma specialmente oggi come oggi, cerca di avere applicazioni concrete, alla finanza, all’economia, alla statistica, per offrire diversi sbocchi professionali agli studenti.

La matematica di per sé è pura, non applicativa. Non nego che le applicazioni siano importanti, ma a mio parere bisogna preservare questa sua caratteristica di astrazione, come ricerca e speculazione teorica. Le applicazioni non devono essere il primo obiettivo delle ricerche.

E come valuti quei matematici che abbandonano la ricerca teorica e si dedicano a collaborazioni con aziende e imprese?

Sono scelte, uno che va a lavorare in una azienda conosce la differenza tra matematica vera e il “giochicchiare” con la matematica. In caso di necessità, certo, anch’io potrei fare un pensierino in futuro a opportunità diverse dalla teoria, se mi venissero offerte determinate occasioni. Però preferirei concentrarmi sulla ricerca pura.