Promemoria della Commissione europea. Grazie alla CRUI, l’ Italia è fra le prime ad adottare la Carta dei Ricercatori; e a Camerino nasce l’Osservatorio.

Esiste veramente il brain drain? Cosa fa l’Europa per i ricercatori.

(dal comunicato della Commissione)

Si sente dire in continuazione che l’Europa dovrà diventare la società basata sulla conoscenza più competitiva del mondo.

La realizzazione dello Spazio Europeo della Ricerca assolve proprio a questo compito, facendo convergere il supporto dell’UE verso il coordinamento delle politiche di ricerca e innovazione, sia a livello nazionale che europeo. In questo modo sarà più agevole creare sinergie fra le varie iniziative in questo settore e conseguentemente avviare un “mercato unico” della ricerca e dell’innovazione. Ricercatori competenti e disponibili a trasferirsi in un altro paese (dentro o fuori l’Unione) saranno fondamentali per la riuscita di un progetto così ambizioso.

Nonostante ciò acquisire competenze, in particolare attraverso la mobilità, non è sempre così facile: le procedure amministrative possono essere lunghe e complicate; i salari bassi; le soluzioni contrattuali spesso misteriose; adattarsi a un nuovo ambiente di lavoro può essere difficile; la carriera può essere incerta.

L’Europa, per mezzo di iniziative frequenti, tenta continuamente di affrontare questi ostacoli facilitare la vita e la percorso professionale dei ricercatori.

A questo proposito in Europa, i vari sistemi della ricerca, hanno iniziato ad adottare la Carta Europea dei Diritti dei Ricercatori e il Codice per la loro assunzione. Ad oggi 10 strutture Europee hanno sottoscritto i due documenti, prima fra tutti la CRUI e con essa il sistema della ricerca Universitaria italiana. Presso l’Università di Camerino, che lo scorso luglio ospitò la cerimonia di adozione), è stato avviato l’Osservatorio sull’implementazione in Italia dei due documenti.


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