Roberto Barni- Vacina (2000),

Athos Ongaro – Fontana (1983 – 84)

Giardino del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.


Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta le opere di Roberto Barni e Athos Ongaro recentemente collocate nel giardino.

Una prima riorganizzazione delle sculture presenti nel giardino del Centro Pecci ha riportato nella sua posizione originale, al centro della piazza antistante l’ingresso della caffetteria, l’opera Fonte di giovinezza di Albert Hien (1987). Di fianco alla gradinata del teatro, ha così potuto trovare nuova collocazione la scultura in bronzo di Roberto Barni, Vacina (2000), già esposta nello spazio Collezione fino al 2002.

In uno spazio più appartato, frontale all’ingresso dell’ART Hotel Museo, è stata collocata l’opera di Athos Ongaro, Fontana (1983-84), presentata alla Biennale di Venezia nel 1984 e rappresentativa del clima citazionista degli anni Ottanta, recentemente lasciata in deposito al Centro Pecci dalla collezionista Selene Rosiello.

La scultura in marmo di Anne e Patrick Poirier, elemento scenico dello spettacolo teatrale Ella (1990), è stata spostata all’inizio del percorso nel verde mantenendone il suo carattere di sorpresa e caricandola di una nuova valenza simbolica nello “sguardo” rivolto verso le sale espositive del museo.

Roberto Barni (nato a Pistoia nel 1939; vive e lavora a Firenze) si è dedicato alla pittura, al disegno e alla scultura, creando un mondo dove uomini, animali ed edifici si confrontano secondo modalità poetiche oscillanti tra la malinconia, la grazia e lo humor.

Nella sua quarantennale attività, che l’ha portato a esporre nelle maggiori gallerie e musei del mondo (tra l’altro alla Biennale di Venezia nel 1974, 1984, 1988; al Centre Pompidou di Parigi nel 1991; al MoMA di New York nel 1992), è passato da una figurazione di matrice Pop ad un originale recupero della tradizione classica, riconducibile al filone dell’Anacronismo.

Nella sua produzione scultorea più recente, a cui appartiene l’opera donata al Centro Pecci da un gruppo di collezionisti privati, esili figure maschili bendate e assorte in una personale interiorità compiono azioni surreali che acquistano connotazioni fortemente simboliche, ambientate in situazioni in cui il vuoto e l’assenza tracciano le coordinate di una condizione di profonda solitudine.

Le vibrazioni simboliche dell’opera di Barni non nascondono la sua sensibilità plastica, frutto di una sapienza tecnica che fa del corpo scultoreo il luogo d’incontro tra i sensi e l’intelletto.

Athos Ongaro (nato a Eraclea, Venezia nel 1947; vive e lavora tra Alba, Belgrado, e Santorini) è considerato un ricercatore del senso originario dell’arte, e rappresenta un’eccezione nel panorama artistico italiano per la sua versatilità nello spaziare tra le citazioni insolite e per l’utilizzo di materiali nobili quali il marmo, il bronzo e la tecnica a mosaico. Paladino di una rifondazione dell’arte, basata, come afferma egli stesso, “sull’innocenza dell’antica cultura secondo la quale il mondo non è ostacolo, illusione, preda ma partner vivente e indispensabile nel gioco libero e spontaneo della creazione”.

Per anni residente a Pietrasanta, nei laboratori della città toscana ha imparato a padroneggiare le tecniche della scultura e approfondito la sua conoscenza della storia e dell’anatomia. Nel 1976 ha creato la sua prima fontana in marmo, utilizzando per la prima volta un’iconografia “dionisiaca” che si ritrova nell’opera ora al Centro Pecci e che ha riproposto nella sua produzione successiva.

Nelle sue opere, esposte in gallerie di New York oltreché in musei e rassegne internazionali (tra gli altri alla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma nel 1980; alla Biennale di Venezia del 1984), la statuaria classica raggiunge esiti visionari, imbevuti di reminiscenze simboliste, che rivelano un’inesauribile esplorazione tecnica accanto ad una fervida fantasia alimentata da una personale rilettura della mitologia greca in chiave contemporanea.