Discorso

di Fabio Beltram

Oggi inauguriamo una nuova realtà – che in verità sarà legalmente tale con l’entrata in vigore del nuovo Statuto della Scuola Normale Superiore tra qualche giorno, il 24 ottobre. Nascerà così la nuova Scuola Normale Superiore con le sue tre articolazioni di cui mi fa piacere dirvi i nomi, tutti nuovi: la Classe di Scienze Umane, la Classe di Scienze matematiche e naturali, l’Istituto di Scienze Umane e Sociali che oggi inauguriamo.

Alla vigilia di questa importante novità è bene ricordare dove si innesta questa realtà e mantenere salda la memoria della nostra origine. Ecco dunque il decreto che Napoleone Bonaparte firmò il 18 ottobre 1810 e che istituì la Scuola Normale Superiore di Pisa. È per questo che anche il nuovo Statuto fissa al 18 ottobre l’inizio dell’anno accademico della Scuola ed ecco perché abbiamo celebrato l’apertura dell’anno accademico 2014/15 sabato scorso.

È questo quindi il nostro 204° anno dalla fondazione, ma, benché orgogliosamente nel solco di questa tradizione, come vi dicevo, siamo in un certo senso all’anno primo della nuova Normale che, come preannunciai il 18 ottobre 2013, “in assoluta continuità con i principi sui quali è stata fondata e secondo i quali si è sviluppata in oltre due secoli, si aggiorna, si apre a nuove discipline e a una dimensione sempre più internazionale.” Aggiunsi allora “Non sarà più la Scuola Normale Superiore di Pisa, perché non si deve più distinguere da quella di Parigi. Sarà la Scuola Normale Superiore, un istituto superiore con caratteristiche e nome unici al mondo”.

Molto è cambiato in questi due secoli, in verità. L’obiettivo della Normale napoleonica, come di quella rifondata, nel 1846, da Leopoldo II di Lorena, è bene illustrato dalle parole del granduca che la definì “semenzaio dei professori e dei maestri delle scuole secondarie del granducato”.

Dall’ultimo dopo guerra, però, il fuoco della Normale si è spostato dalla formazione degli insegnanti alla formazione di giovani altamente qualificati e preparati per l’inserimento al massimo livello nel mondo della ricerca, dell’innovazione, dell’università. La ricerca è elemento centrale del nostro modello formativo: i nostri giovani sono formati attraverso la partecipazione all’attività di ricerca, la ricerca dunque come palestra per l’allenamento a quello che oggi si chiama “problem solving”.

In tempi recenti – e arriviamo a questi anni – stiamo attraversando una nuova fase di cambiamento veloce e profondo. Abbiamo cambiato la struttura del corpo docente, abbiamo dato spazio al patrimonio rappresentato dai nostri ricercatori, in particolare i più giovani, abbiamo cambiato la struttura dei centri di supporto alla ricerca, ridefinito il perimetro scientifico della Scuola, trasformato i nostri corsi di perfezionamento (introdotti già nel 1927) in una vera Ph.D. School. Soprattutto, attraverso la fusione con l’Istituto Italiano di Scienze Umane abbiamo aperto la Normale a discipline nuove nella convinzione che, esportando il nostro modello formativo al di fuori dei confini disciplinari napoleonici, la nuova Scuola Normale Superiore potrà offrire preziose opportunità a giovani di talento e, attraverso di loro, importanti opportunità di sviluppo culturale ed economico al paese. Queste, in estrema sintesi, sono le ragioni che hanno indotto il Direttore dell’Istituto Italiano di Scienze Umane –Mario Citroni- e me a portare a compimento questo progetto, e queste le ragioni che hanno motivato i colleghi del SUM e della Normale di Pisa nel sostenerlo. Abbiamo avuto l’incoraggiamento di molte persone nel complesso percorso che ha portato alla nascita della nuova Normale e mi fa piacere ringraziare il Ministro Profumo, il Ministro Carrozza, il capo della segreteria tecnica del MIUR Alessandro Schiesaro, il Presidente della Regione Toscana Rossi (che ho avuto modo di ringraziare di persona durante la cerimonia di apertura dell’anno accademico).

Una fase di cambiamento così tumultuoso richiede lucidità di indirizzo e una verifica attenta delle scelte fatte. Anche sabato scorso la prima e più consistente parte del mio discorso di apertura dell’anno accademico è stata dedicata alla verifica dell’impatto di questi cambiamenti, all’analisi degli indicatori che ci dicono se siamo sulla strada giusta. Non voglio ripetere tutta quell’analisi in gran parte influenzata da fattori pre-fusione, ma alcuni elementi sono necessari.

È di queste ultime settimane la pubblicazione del World University Ranking del Times Higher education. Ne parlo dopo aver premesso ancora una volta che –sono mie parole (sapete, registrano tutto quello che dico quindi in queste occasioni e non posso contraddirmi): “Non credo ciecamente a questa o in generale a nessuna classifica, ma mi conforta vedere quali sono le istituzioni che costituiscono il manipolo di testa di cui facciamo parte”. Tornando al ranking britannico, la Normale ne esce bene: siamo il primo ateneo italiano, l’unico del paese tra i primi cento al mondo e se guardiamo i parametri che ci portano a questo risultato, vediamo che è dovuto principalmente all’impatto della ricerca svolta alla Scuola. Così deve essere se ricordate il ruolo della ricerca nel modello formativo della Normale che ricordavo più sopra. Questo richiede risorse: la Normale investe con straordinaria intensità sulla ricerca, in termini di strutture (laboratori, sistema bibliotecario, archivio), di finanziamento a progetti (lo sottolineo selezionati su base competitiva attraverso referaggi indipendenti di esperti esterni alla Scuola), e, naturalmente, investe in termini di persone.

Esattamente questo stiamo facendo anche qui, nei nuovi settori. Questo intendiamo per “esportare” il modello Normale.

Tornando al Times Higher Education, possiamo essere ancor più soddisfatti se guardiamo al ranking nelle Physical Sciences che includono qui fisica, matematica e chimica: qui saliamo al 40-esimo posto, ancora una volta l’unico ateneo italiano tra i primi cento (lasciatemelo dire, purtroppo: vogliamo sì essere in testa a queste classifiche, ma certamente non desideriamo questa solitudine nel panorama nazionale).

Esiste anche il ranking per le Social Sciences: nessun ateneo italiano è presente tra i primi cento. Ecco il primo obiettivo che ci diamo come Istituto: Vogliamo portare la Normale (e l’Italia) in questo elenco.

Guardando alla genesi di quelle barre la nostra piccola dimensione costituisce in qualche caso una penalizzazione, mentre in altri casi l’alta “intensità di qualità” che contraddistingue la Normale diviene un vantaggio.

Questo effetto della dimensione è ancora più evidente in un altro ranking: l’Academic Ranking of World Universities di cui ho parlato sempre in queste cerimonie. Qui gli indicatori sono cumulativi e vengono pesati per tener conto della taglia dell’ateneo valutato nel solo parametro PCP (per capita performance). Guardando a questo parametro confrontiamo l’“intensità di qualità” degli atenei ed evitiamo di confrontare ad esempio un parametro come il numero totale di pubblicazioni di un ateneo con 2000 docenti con quello della Scuola che di docenti ne ha una quarantina. Abbiate pazienza, voglio essere davvero chiaro: questo sarebbe come valutare la produttività dei frutteti utilizzando come misuratore la quantità totale di frutta prodotta e confrontare così un frutteto con 40 alberi con un frutteto di 2000 alberi. Lo so che il concetto è chiaro e che sono pedante: ma avete letto sulla stampa gli articoli che presentano il ranking ARWU? Questo concetto non è passato e sono state scritte molte sciocchezze. Vi assicuro, io ci ho provato, ma non sono ancora riuscito a farlo capire.

Torniamo dunque a parlare del posizionamento della Normale nel ranking PCP (ovvero quello che tiene conto di quanti sono gli alberi nel frutteto) siamo da sempre nel gruppetto di testa, nel 2014 il sesto ateneo a livello mondiale e se guardiamo al gruppetto di testa 2014, come dicevo sopra, “questa è la compagnia che vogliamo”.

Dobbiamo infine discutere di una valutazione che ha per noi un impatto molto più diretto e tangibile: la VQR 2004-2010 elaborata dall’ANVUR. I miei discorsi pubblici sono disponibili sul sito della Scuola: confermo il plauso per questo avvio di un sistema di valutazione in Italia e sono lieto di farlo alla presenza del Presidente dell’ANVUR.

Solo un feedback forte e coerente, basato su risultati oggettivi, potrà far migliorare il sistema universitario. Inutili mille regole e regolamenti, gli atenei non virtuosi dal punto di vista finanziario, gli atenei che continuano (e continuano) a reclutare al ribasso e solo al loro interno siano puniti. Non deve essere conveniente reclutare docenti mediocri. Questi comportamenti non virtuosi avvengono anche oggi, talvolta in maniera sfacciata. Leggete alcuni bandi di concorso –sono in rete, ma il pudore non sembra frenare alcuni, leggete come sono ritagliati ad personam ma contro logica e -francamente- contro la decenza. Solo un sistema valutativo efficace può innescare una spirale virtuosa che porti alla crescita del sistema.

Dal punto di vista della Normale questa prima applicazione di un sistema valutativo ministeriale italiano è stata positiva e il risultato del nuovo modello premiale sul finanziamento è stato molto positivo, così positivo che … abbiamo restituito fondi al sistema perché era previsto un tetto massimo al beneficio e non abbiamo quindi potuto ricevere tutto ciò che il modello avrebbe destinato a noi.

Non mi sto lamentando. Sono appunto i primi passi.

Di tutti i parametri ANVUR desidero solo ricordarne uno perché si riallaccia alle parole scientemente severe che ho usato contro alcune prassi nel reclutamento degli atenei. Il parametro è proprio quello della qualità del reclutamento. Sintetizzando: l’ANVUR ha confrontato la “qualità media” dei reclutati nei diversi atenei nei diversi settori disciplinari (questo ci dice chi ha reclutato i migliori -sempre secondo quella particolare metrica, sia chiaro) e ha poi confrontato la qualità dei reclutati rispetto alla qualità dei docenti di ruolo in ogni ateneo (questo ci dice quale ateneo ha un trend di crescita nella qualità del personale). Da questa analisi deriva un indicatore: la Normale–misurata secondo questo indicatore- è al primo posto. Reclutiamo dunque i migliori e cresciamo di qualità nel nostro staff. Dobbiamo esserne orgogliosi e, soprattutto, continuare su questa strada.

Questo è particolarmente importante per noi oggi: stiamo elaborando un piano molto articolato di reclutamento, sia a livello di professori associati sia a livello di professori ordinari in tutta le Scuola, ma ovviamente i numero più rilevanti riguardano proprio l’Istituto di Scienze Umane e Sociali. Stella polare di questo piano la considerazione che la Normale può essere presente solo dove può esprimere una misurabile presenza al massimo livello, questo vuol dire valorizzare le risorse umane disponibili e investire in modo mirato sui soli settori strategici. Già oggi, prima ancora dell’entrata in vigore del nuovo statuto, sono in corso qui a Firenze le selezioni per tre posti di professore associato (al SUM non ce n’erano), per tre posti di ricercatore (e neppure questi esistevano al SUM). Già 5 poi i bandi per giovani post doc. Sono solo i primi passi per la creazione di una comunità di ricerca e studio qui a Palazzo Strozzi. Abbiamo oggi con noi a tempo pieno il Prof Giliberto Capano grazie a una convenzione con l’università di Bologna. Sottolineo che intendiamo fare ricorso sistematico (sia a Firenze sia a Pisa) all’inserimento di figure a tempo determinato per evitare di ingessare la vita scientifica della Scuola. Stiamo usando qui tutte le opportunità offerte dalla legge 240 e intendiamo continuare a farlo.

E a proposito di opportunità offerte dalla legge, sono molto orgoglioso del livello di condivisione che ha trovato nella Scuola la proposta di agire in modo deciso sui pensionamenti anticipati. È stata una scelta delicata, abbiamo forse chiesto un sacrificio ai nostri ricercatori più senior, ma, l’interesse della nostra istituzione ha prevalso. Desidero sottolinearlo: le risorse che si libereranno saranno destinate proprio a una politica a favore dei giovani e del ringiovanimento della Scuola. Potremo anche finanziare nuovi percorsi per favorire l’inserimento dei nostri diplomati nel mondo del lavoro attraverso stage sia nelle nostre strutture (la biblioteca, l’archivio, le edizioni, i laboratori) sia in realtà esterne pubbliche e private.

L’altro indicatore utile è il numero delle domande di ammissione alla Scuola: questo numero è sempre altissimo e ci permette di continuare a coprire i posti disponibili attraverso una selezione severa (per il corso ordinario questo “severa” vuol dire circa un ammesso ogni 20 domande). L’aumento che vedete nell’ultimo anno è frutto soprattutto della crescita delle domande di ammissione al corso di PhD. Ne sono particolarmente felice. Proprio da quest’anno, infatti, abbiamo cambiato la struttura del nostro corso di perfezionamento: ai nuovi perfezionandi la Scuola rilascerà il titolo globalmente intelligibile di Philosophiae Doctor a seguito di un percorso chiaro, formalizzato in modo da assicurarne l’allineamento con le migliori esperienze internazionali. E sempre più internazionale sarà l’ambiente nei nostri corsi post laurea. Sempre più dovremo porci in una prospettiva internazionale, sempre più dovremo selezionare, accogliere e preparare allievi in questa prospettiva. Credo che l’accresciuta attrattività della nostra PhD school sarà ancora più visibile dal prossimo bando, perché potremo dare notizia per tempo della nostra offerta –l’anno scorso come sapete tutto è partito con molto ritardo per la procedura di accreditamento. Ma già dai dati parziali sugli idonei ai corsi di PhD (parziali perché alcune delle selezioni sono ancora in corso) vediamo la dimensione interazionale dei nostri corsi. La mappa mostra l’ateneo di provenienza dei selezionati tra i circa novecento candidati ai nostri corsi. Trovate visivamente conferma del livello di internazionalizzazione della nostra comunità, una dimensione internazionale che è rafforzata dalla rete di programmi di scambio già disponibile per i nostri allievi e che amplieremo ulteriormente con nuove partnership dedicate alle nuove linee disciplinari.

Tornando ai dati sulle domande, è per questa giornata particolarmente significativo notare che sono stati avviati i primi due corsi di PhD basati qui nell’Istituto: Scienza Politica e Sociologia, Civiltà del Rinascimento. Vi segnalo in particolare che il corso di Scienza Politica e Sociologia ha avuto il 70% delle domande da parte di laureati in atenei stranieri! Un livello di attrattività che ci conforta e incoraggia a proseguire su questa strada.

Per la prima volta abbiamo attivato percorsi in collaborazione con altre istituzioni, in particolare con le Università degli Studi di Bologna e l’Istituto Nazionale di studi sul Rinascimento. È una scelta strategica e siamo davvero lieti di aver trovato partner forti e con una solida reputazione per avviare questi percorsi.

Desidero poi sottolineare che nei nostri collegi dottorali fiorentini e nelle nostre aule vi sono preziose presenze di persone provenienti non solo da questi due istituti partner, ma dall’Università di Firenze, di Pavia, di Pisa, di Napoli Federico II, di Roma III, da UCLA, dalla Humboldt Universität, dalla Goethe Universität, dalla Soprintendenza del Polo Museale fiorentino (un rinnovato affettuoso benvenuto a Cristina Acidini che ringrazio ancora per il suo impeccabile intervento al Simposio di sabato scorso).

Siamo anche molto soddisfatti dell’attenzione che i nostri programmi hanno ricevuto anche da altri enti. I nostri corsi a PI e FI sono oggi finanziati dal Ministero per gli affari esteri, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall’Istituto Italiano di Tecnologia, dallo European Brain Research Institute, dalla Fondazione Pisana per la Scienza, da Unicredit, dall’Università di Siena, dal Consorzio Interuniversitario per la Scienza e Tecnologia dei Materiali.

La Normale si è aperta a queste collaborazioni, e si vuole aprire sempre di più. Siamo a disposizione del paese per contribuire alla sua crescita civile ed economica. Credo troverete moltissimi concreti segnali di questa volontà e fattiva disponibilità in questa relazione. Approfitto della presenza oggi del Sindaco di Capannori (e lo ringrazio per essere oggi qui con noi) per farvi sapere che stiamo realizzando con il suo comune un’importante iniziativa per il trasferimento tecnologico nel campo delle nanotecnologie. La Scuola poi è aperta a collaborazioni industriali e con le tutte le imprese: scontiamo qualche pregiudizio che ci fa immaginare isolati e un po’ polverosi… non è così! Almeno ora non è così!

La fusione è stata uno stimolo per alzare in maniera sensibile il livello dei servizi informatici e bibliotecari sia a Firenze, sia a Pisa. La Scuola si delocalizza, ma non duplica e non spreca risorse. In quest’ottica sono stati potenziati i servizi informatici della Biblioteca che saranno basati su cloud computing, sia per gli applicativi visibili all’utente, sia per il back office. Abbiamo fiducia che porteranno a una razionalizzazione dei flussi di lavoro. Il nuovo strumento per la ricerca bibliografica di cui si è appena dotata la Biblioteca è davvero allo stato dell’arte e perfettamente in linea con biblioteche del livello della British Library, della Bodleian Library e delle Boston University Libraries solo per menzionarne alcune. Per il corso in Civiltà del Rinascimento la partnership strutturale con l’Istituto di studi sul rinascimento è garanzia di una biblioteca specializzata senza uguali proprio qui, in questo palazzo.

La fusione e il rapporto speciale con il Comune di Firenze fa sì che sia disponibile da subito un nuovo collegio, una sede di grande pregio che ulteriormente rafforza la nostra presenza e ci consente di realizzare pienamente il modello educativo della Normale anche nell’Istituto.

Ho menzionato i due corsi di PhD già avviati, ma non è finita qui. Anzi, in termini di numeri, non siamo neppure a metà strada. L’obiettivo è un’offerta dottorale e post dottorale nell’istituto della stessa taglia di quella di una Classe della sede pisana. Il perimetro disciplinare si allargherà ulteriormente, dunque, sempre senza duplicazioni e all’interno di quell’area delle scienze umane e sociali che abbiamo fissato nello statuto. Ringrazio il personale tecnico amministrativo della Scuola in servizio qui nell’Istituto, per la pazienza e la collaborazione con cui ha partecipato a questa transizione. Non siamo ancora del tutto a punto, lo so, ma vi assicuro che la valorizzazione della vostra professionalità è una delle nostre prime priorità.

L’Istituto ha sede a Firenze e qui vogliamo fare sistema: le opportunità sono straordinarie per la dimensione davvero internazionale e per la visibilità mondiale della città. Qui cercheremo alleanze e collaborazioni sia con enti nazionale sia con enti internazionali. In primissimo luogo, però è per noi fondamentale poter contare sulla vicinanza dell’amministrazione della Città e dell’ateneo fiorentino. Ecco perché sono veramente felice che inauguriamo l’Istituto assieme all’amministrazione comunale e all’ateneo fiorentino, rinnovo il ringraziamento al Vice Sindaco Giachi e al Magnifico Rettore Tesi.

Abbiamo il piacere di avere con noi il Professor Stefano Fantoni, Presidente dell’ANVUR che ringrazio. Il tema del suo intervento è quasi d’obbligo mentre inauguriamo l’Istituto di Scienze umane e sociali con un progetto ambizioso: la valutazione delle scienze umane.

Inauguriamo dunque l’anno accademico 2014/2015 e con esso l’Istituto di Scienze Umane e Sociali. Auguro buon lavoro a tutti noi, al Vice Direttore Andrea Giardina, ai Presidi Ambrosio e Ciliberto, e in particolare al Prorettore Mario Citroni, ai colleghi, agli allievi, al personale T/A.

Il primo atto dell’istituto non può che essere scientifico e incidere nell’ambito di uno dei nostri programmi di PhD e quind let me thank Professor Sydney Tarrow for being here with us today. It is a true honor to have you as our first speaker. You set a standard… we shall do our best to stick to it.

Fabio Beltram

Direttore Scuola Normale Superiore

Firenze, 21 ottobre 2014
Istituto di Scienze Umane e Sociali