L’allievo Federico Lobue ha incontrato l’attuale Direttore della Scuola Normale e il suo predecessore, a pochi giorni dal passaggio di consegne (video e testo intervista).

 

PISA, 23 giugno 2025.  Federico Lobue, allievo del corso ordinario di Storia antica e filologia classica, l’ha fatto ancora. Dopo che nelle scorse settimane aveva intervistato Saverio Cannistrà, arcivescovo di Pisa e normalista, l’autoproclamatosi ministro dell’Amore e dell’Affetto della Scuola Normale è tornato alla carica con altri due ex studenti, i Direttori Alessandro Schiesaro (attuale) e Luigi Ambrosio (suo predecessore), a pochi giorni dal passaggio di consegne. Riportiamo il video e qui sotto la trascrizione dell’intervista di Lobue, che si è conclusa con l’abbraccio ben augurante dello studente attuale ai due illustri ex allievi.

 

 

Buongiorno a tutte e a tutti, siamo nello studio del Direttore della Scuola Normale Superiore e oggi abbiamo due persone eccellentissime di questa nostra Scuola, fondamentali per la comprensione del nostro più recente passato e del nostro più prossimo futuro. Figure che, a prima vista, si potrebbe dire: “chi sono? Forse nessuno li ha mai visti… e, quindi, daremo a loro stessi la possibilità di presentarsi. Nome, cognome, anno di nascita, attuale occupazione e campo di ricerca:

Schiesaro. Alessandro Schiesaro, 29 maggio 1963, Professore di letteratura latina e Direttore della Scuola Normale.

Ambrosio. Luigi Ambrosio, 27 gennaio 1963, sono tornato a fare il professore normale della Scuola Normale, il mio campo di ricerca è l’analisi matematica e il calcolo delle variazioni.

Vi sono mai stati dati dei soprannomi?

Schiesaro. Non che io sappia, almeno non pubblici.

Ambrosio. Esatto, non pubblici…

Allora mi arrogo il diritto di dirvi quali soprannomi gli alunni vi hanno dato, nei sei anni alla direzione e di insegnamento alla Scuola Normale. Un po’ tutti i Direttori hanno avuto un soprannome: Salvatore Settis, giunto al terzo mandato, venne soprannominato “Tressettis”; Fabio Beltram, fu soprannominato “l’Altissimo” o con un pronome di terza persona “Lui”. Per lei, professor Ambrosio, abbiamo avuto un soprannome molto affettuoso, dal momento che veniva soprannominato “Gigione”. Pensi che in Sala PC, al Collegio Timpano, compare una scritta: “Roses are red, violets are blue, if you love maths, Gigione loves you!”. Invece per lei, Direttore, la situazione è un po’ più difficile, ancora non si è trovato un soprannome vero e proprio…

Schiesaro. Sono direttore da soli dieci giorni! È un po’ presto…

Appunto. Comunque sono due: uno molto affettuoso, “Schiesi”, non si sa se scritto con la i-lunga o la con i-greca, e un altro, molto più roboante, “Schiesarus Rex”, che non rimanda a ricordi sofoclei, quanto piuttosto a memorie giurassiche. Non ho idea di cosa ci fosse nella mente di chi l’ha creato…

Schiesaro. È preoccupante in entrambi in casi, quale che sia il riferimento!

Passiamo alle domande sulla vita in Normale: quale ricordo della vostra vita collegiale vi è più caro?

Ambrosio. Diciamo che la mia è stata una vita collegiale lunga, perché sono stato studente sia del corso ordinario che del perfezionamento. Quello che ricordo è che ho iniziato ad apprezzare veramente la vita collegiale più o meno dal terzo anno in poi. I primi due anni sono stati così impegnativi che praticamente era tutto “casa e lezioni”. Però dal terzo iniziai ad apprezzare la vita collegiale: si facevano delle gite insieme, si collaborava. Ho vissuto veramente una transizione tra secondo e terzo anno. Poi, vabbè, il perfezionamento…

Schiesaro. È abbastanza scontato dirlo, ma si sono formate delle amicizie che durano quarant’anni dopo. Allora eravamo giovani e non sapevamo quanto sarebbero durate, però alcune permangono anche in maniera intensa molti anni dopo. Ci si fa degli amici anche se si studia fuori dai collegi, ma la vita in comune favorisce questo tipo di rapporti.

Una domanda che preme a noi studenti, così come pensiamo poteva premere a voi allora. Qual era il rapporto tra lezioni alla Normale e all’Università? Riuscivate a gestirlo o risultava un po’ difficoltoso, come alcuni di noi ancora possono sentire?

Ambrosio. È un po’ in linea con quanto dicevo prima. Effettivamente fu un po’ problematico: ricordo in particolare il secondo anno come un anno quasi “drammatico”, ci furono delle grandi difficoltà. Poi le difficoltà ovviamente si affrontano e si superano. Si cercava comunque di seguire tutte le lezioni. I corsi erano poi annuali, oggi la situazione è molto cambiata, però le caratteristiche fondamentali sono rimaste le stesse: i primi anni sono molto impegnativi, poi si riesce ad entrare in un percorso di maggiore rassicurazione e di maggiore consapevolezza e le cose iniziano ad andare molto bene.

Schiesaro. Come diceva il professor Ambrosio, la didattica era molto diversa: i corsi erano annuali e non c’era questa divisione in moduli più numerosi. Detto questo si sceglieva: si individuavano rapidamente i professori (ai tempi quasi tutti uomini nella Facoltà di Lettere!) che valeva la pena di seguire e quelli che non ne valeva particolarmente la pena. Non si saltavano mai le lezioni della Scuola, quelle erano fondamentali. Tutti noi consideravamo una tale fortuna partecipare a questi seminari con studiosi di quel calibro che non ci sarebbe mai venuto in mente di saltarli. Per le lezioni all’università si sceglieva: ricordo lezioni memorabili, ma altri esami si potevano benissimo dare da non frequentanti.

Un aspetto fondamentale della vita in Normale è certamente il legame che si viene a creare tra professori e studenti. Qual era e come è stato il rapporto col vostro professore di riferimento che poi è diventato il vostro maestro di studi? Com’era sentita ai vostri tempi e come l’avete vissuta voi?

Schiesaro. Noi siamo stati molto fortunati perché abbiamo avuto a che fare con grandi personalità intellettuali e accademiche, a livello nazionale e internazionale, che poi erano i nostri docenti sia all’Università che alla Scuola. Da un lato a noi sembravano figure mitologiche (Gian Biagio Conte e Antonio La Penna, ndr.), perché estremamente famosi, dall’altro ci sembravano di un’età quasi biblica (anche se l’età che ci separava allora dai nostri docenti era la stessa che ci separa oggi dai nostri studenti, se oggi non è addirittura più accentuata!). I rapporti erano molto corretti, molto più formali di quanto non siano oggi. Anche in questo caso, si sono creati dei rapporti che sono durati decenni e che perdurano tuttora.

Ambrosio. Difficile individuare un unico momento della mia relazione con Ennio De Giorgi, perché il rapporto si è evoluto a partire dal secondo anno ed è nato in maniera piuttosto casuale. La differenza rispetto ad oggi è che non c’era Internet, non c’erano questi strumenti con cui ognuno di noi docenti oggi viene soppesato e valutato. La grandezza del personaggio l’ho compresa negli anni, anche perché De Giorgi era molto modesto e non parlava mai dei suoi successi precedenti. Quello che mi piace ricordare è come si è evoluto il nostro rapporto: ci siamo frequentati nella Scuola fino alla fine del dottorato, poi ho avuto la mia carriera in giro per l’Italia ma mantenendo con lui frequenti contatti fino al 1996, quand’è scomparso. Nella sua evoluzione, il rapporto è però rimasto sempre molto formale: non sono mai riuscito a dargli del tu, ma si pranzava spesso insieme. Un rapporto veramente stretto che cerco di riprodurre con i miei allievi, questa sensazione che dopo il dottorato si entra a far parte di un’unica famiglia, sparsa in giro per il mondo. Questo aspetto comunitario è molto bello.

Quale consiglio invece datovi da questi maestri fu indispensabile all’epoca, rimane fondamentale per voi oggi nel fare ricerca, e vorreste condividere coi vostri alunni?

Schiesaro. Non saprei dire esattamente chi forse lo ha consigliato, anche perché è un consiglio forse di carattere più generale: quello di mantenere, se si può sino all’ultimo respiro, la curiosità intellettuale, nel senso che la iper-specializzazione precoce non serve a niente, anzi è deleteria. Tanto ci sarà sempre tempo poi per concentrarsi, con il dottorato, con le tesi di laurea eccetera. Invece aprirsi a stimoli e curiosità di vario tipo…significa perlomeno avere un vasto campo di orizzonti, di riferimenti e di curiosità. Poi naturalmente si scende, secondo preferenze, inclinazioni e anche competenze che si concentrano in modo diverso, però mantenere soprattutto all'inizio questa visuale aperta sul mondo degli studi, è un consiglio che mi sentirei di dare e in effetti cerco di dare il più possibile.

Ambrosio. Poco dopo la tesi di laurea stavo lavorando su un problema, mi ricordo era luglio e c’era un problema tecnico che non riuscivo a risolvere. Pranzai insieme con De Giorgi e più o meno mi disse l'idea al volo, ricordo che mi scrisse due righe su un foglietto. Io presi questo foglietto, lo portai in camera, lo appesi, poi dopo due o tre settimane capii cosa intendeva dire. Dopo cosa è successo? Il rapporto si evolve perché De Giorgi non amava in realtà entrare nei dettagli, amava discussioni di livello alto, su cosa è vero, cosa non è vero, cosa converrebbe studiare, cosa non converrebbe studiare, ma senza entrare nei dettagli della dimostrazione, ed è una cosa che poi una volta gli chiesi, quando ormai eravamo più in confidenza: come mai preferisce non entrare nei dettagli tecnici? E lui mi disse “guarda se io poi entrassi lì, se ti dicessi la mia idea magari precluderei a te la possibilità di trovare una strada completamente diversa per risolvere il problema”. E questa è una cosa che cerco anche di riprodurre con i miei allievi. Ovviamente quando sono giovanissimi c’è l’elemento di rassicurazione e se mi fanno una domanda tecnica rispondo, però man mano che le cose vanno avanti cerco di dire: “guarda questo è il problema da studiare” senza entrare troppo nei dettagli e appunto è una lezione che ritengo molto importante.

Siete stati l’uno rispetto all’altro, uno predecessore, l’altro successore alla stessa carica, alla direzione appunto della Scuola Normale. Qual è il pregio del successore e predecessore alla carica?

Ambrosio. Di Alessandro ho sempre ammirato, a parte l’esperienza nazionale e internazionale, che è fuori discussione, la visione strategica e penso che in questo momento la Scuola ne abbia bisogno, vista l'accelerazione degli eventi di cui ho spesso parlato anche nel discorso del passaggio di consegne. Sono molto contento che ci sia la persona giusta al posto giusto. Non che io non abbia dovuto compiere scelte strategiche, naturalmente. Però nel mio mandato ho dovuto affrontare varie altre questioni, come dire più impellenti, mettiamola così.

Schiesaro. Grazie, io ho l'imbarazzo della scelta onestamente. Però forse la cosa che ho più esperito da vicino e apprezzato da vicino nei due anni e mezzo, quasi tre anni, in cui sono stato vice direttore, in cui quindi ho collaborato strettamente con Luigi Ambrosio, è stata da un lato la grande attenzione per ogni dettaglio, per ogni cosa, e poi l'assoluta dirittura di onestà intellettuale, morale, che ha sempre ispirato le sue azioni, questo anche in momenti molto difficili, in scelte molto difficili. Ecco, questa specie di bussola l'ha sempre tenuta assolutamente presente, e forse è stata la cosa più evidente per certi aspetti.

E ora passiamo a una domanda forse fondamentale per noi normalisti di oggi. Molti sono i tentativi di dividere i normalisti in pro e contro, sopra o sotto, rispetto a qualcosa, ma la vera differenza tra i normalisti la fa in particolare il tipo di cibo. Dopo cena siete per la squadra del kebab o per la squadra dello sgabeo?

Schiesaro. Diciamo che avendo confessato poco fa che io pensavo che sgabeo fosse dialetto veneto per sgabello e mi ero fatto una teoria sull’idea che l’alternativa era tra andare fuori a mangiare il kebab o stare in camera a studiare, evidentemente non rispondo con grande competenza. A me sembra molto bello che ci sia questa varietà di cibi e di culture presenti a Pisa, che certamente ai nostri tempi non era disponibile. Dopodiché io sono vegetariano, quindi temo che il kebab per me non sia un'opzione. Lo sgabeo ho imparato un quarto d'ora fa che cos'è, andrò a sperimentarlo, a provarlo e le farò sapere. 

Va bene, contiamo sul successo di questa missione. Invece lei professore?

Ambrosio. Risposta molto breve, kebab, tutta la famiglia coesa su questa scelta, quindi non ci sono dubbi. Anche se lo sgabeo l'ho provato, una figlia una volta mi ci ha portato. Però non c'è proprio discussione.

E allora passiamo alla parte finale di questa intervista. Partiamo da lei professor Ambrosio, raccontandole una leggenda che gira tra gli studenti, e cioè che lei al concorso in Normale abbia tentato sia per filosofia che per matematica, e sia passato per entrambe, scegliendo poi matematica. Lei ha negato, ha smentito questa, questa leggenda e non riusciamo a capire perché. Perché lei in fondo è umile o perché non vuole essere considerato un filosofo?

Ambrosio. No no, diciamo c'è un fondo di verità, nel senso che io avevo una grande passione per la filosofia, quella teoretica in particolare, e quindi avevo sempre detto, forse è nata così: “guardate io mi laureo in matematica, poi mi laureo in filosofia”… però poi ovviamente sono stato travolto dagli eventi e la cosa è finita lì. Quindi probabilmente la leggenda è nata in questo modo. Però mi piace ricordare invece un'altra leggenda, più recente, che mi hanno raccontato, non mi ricordo chi, e che mi ha fatto molto piacere. Pare giri la voce che io abbia troncato una seduta del senato accademico per dire “vado a lezione. Anche questa gira. È infondata, però mi avrebbe fatto molto piacere se fosse successo, ma non è successo.

Va bene, e ora passiamo a lei direttore.

Schiesaro. La voce che io abbia provato per matematica… credo che sia una voce che non possa girare su di me.

Ci è stato raccontato da fonti terze, quarte, che lei è entrato allo stesso anno in Normale con il professore Franco Ligabue, che, abile anche ai tempi a fare delle caricature, fece di lei una caricatura evidenziando una incipiente stempiatura, per la quale pare che lei si sia un po' risentito ai tempi. Quindi, entrato in contatto col professore Ligabue, abbiamo cercato di restituirle quello che ai tempi le fu tolto, abbiamo deciso di farle un ritratto istituzionale restituendole quello che ai tempi le fu tolto. Se lo vuole mostrare anche in favore di telecamera….(viene mostrato un quadretto con la caricatura di un Alessandro Schiesaro chiomato).

Schiesaro (ridendo). Vi ringrazio molto perché io ammiro moltissimo il professore Ligabue e da tempo gli volevo chiedere effettivamente se mi faceva un disegno, e questo restituisce il mal tolto. Va detto che io però a quei tempi i capelli ce li avevo ancora. C'è una data nella mia vita in cui ho smesso di comprare i pettini, ma è stata successiva alla Scuola Normale. Ligabue è un maestro, ci sono dei disegni giù in vari luoghi che sono veramente impressionanti.

E quindi spero che questa intervista sia servita soprattutto a noi studenti per capire voi come avete vissuto la vostra vita in Normale, quindi trovare delle esperienze dalle quali ricavare noi esperienza a nostra volta….


(l’incontro si è svolto mercoledì 11 giugno, nello studio del Direttore nel Palazzo della Carovana a Pisa)

 

 

 

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