Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Reports, è frutto di una collaborazione tra la Scuola Sant’Anna con il Centro interdisciplinare Health Science, la Scuola Normale Superiore con il Laboratorio di Biologia, l’Università di Pisa, il CNR e il Max Planck Institute di Berlino.
PISA, 23 aprile 2025. Il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD) è una malattia genetica rara e grave che colpisce prevalentemente le bambine, causando epilessia farmaco-resistente, gravi ritardi nello sviluppo motorio e cognitivo, e problemi visivi. Fino ad oggi, le terapie si sono concentrate principalmente sul cervello, ma una svolta inaspettata potrebbe arrivare da uno studio coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa di cui prima autrice è Francesca Damiani, dottoranda del Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore (BIO@SNS): per la prima volta è stato dimostrato come uno squilibrio nel microbiota intestinale (l'insieme dei batteri che popolano il nostro intestino) abbia un ruolo causale in alcuni sintomi neurologici del disturbo da deficienza di CDKL5. Lo studio è pubblicato sulla rivista Cell Reports.
“È stato sorprendente scoprire un legame così stretto e causale tra l'intestino e le manifestazioni neurologiche in questa malattia. Guardare all'intestino per capire e trattare una malattia del cervello non è più fantascienza” afferma Paola Tognini, ricercatrice presso il Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
La ricerca ha analizzato soggetti modello per la CDD, scoprendo che la composizione del loro microbiota intestinale era profondamente diversa da quella dei soggetti sani, specialmente nelle fasi giovanili dello sviluppo. Ma la ricerca è andata oltre. Somministrando antibiotici contro il microbiota “alterato”, si è verificato un netto miglioramento delle risposte neuronali e del comportamento nei soggetti malati. Durante le sperimentazioni condotte in laboratorio da Francesca Damiani è stato trapiantato il microbiota intestinale dei modelli CDD in modelli sani. Sorprendentemente, i modelli sani che hanno ricevuto il microbiota "malato" hanno iniziato a sviluppare alcuni dei sintomi tipici della CDD. Questa è la prova diretta che il microbiota alterato non è solo una conseguenza della malattia, ma ne influenza attivamente i sintomi neurologici.
"I nostri dati suggeriscono che le alterazioni del microbiota non sono un semplice effetto collaterale, ma giocano un ruolo attivo. Questo ci offre un bersaglio completamente nuovo: modulando il microbiota intestinale, ad esempio con probiotici mirati, diete specifiche o persino il trapianto di microbiota, potremmo essere in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti e potenziare l'efficacia di altre terapie” spiega Paola Tognini.
"Nonostante la nostra lunga esperienza nello studio della CDD – afferma Tommaso Pizzorusso, professore ordinario di Neurobiologia presso la Scuola Normale Superiore e direttore di Bio@SNS – questa ricerca ci ha aperto gli occhi. Per la prima volta abbiamo avuto una prova chiara di quanto sia limitante concentrarsi su un solo organo per lo studio delle malattie. È essenziale ampliare la prospettiva e indagare le interconnessioni sistemiche, come quella intestino-cervello, per comprendere a fondo le cause e le manifestazioni delle malattie neuropsichiatriche.”
Hanno partecipato allo studio anche Maria Grazia Giuliano (SSSA), Elena Putignano dell’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa, Andrea Tognozzi, dottorando dell’Università di Pisa, Sara Cornuti (SNS). L’analisi nei diversi modelli è avvenuta grazie alla collaborazione con Vera Kalscheuer e Vanessa Suckow del Max Planck Institute di Berlino.