In relazione ad articoli comparsi sulla stampa su un seminario di Letteratura greca tenuto alla Scuola Normale Superiore.


PISA, 7 marzo 2024. Nei giorni scorsi si sono tenuti, qui alla Scuola, due seminari su Omero e Luciano. Alcune testate di stampa hanno espresso perplessità, anche con toni accesi. Un giornale ha parlato di “Achille e gli altri eroi ridotti ad icone trans”. Altri hanno scritto di “campi di rieducazione ideologica di massa”. Possiamo tranquillizzare tutte le persone che si sentono inquiete. Le allieve e gli allievi della Scuola Normale non sono certo disponibili a farsi rieducare; è molto più frequente che contestino i loro docenti. Lo fanno e l’hanno fatto per secoli, fin dall’epoca in cui era allievo Giosuè Carducci.

La ricerca è e deve essere libera. Le metodologie e gli approcci cambiano. Alcuni approcci potranno sembrare più o meno convincenti a chi verrà dopo di noi. Non tutte le persone della comunità della Scuola Normale condividono ogni parola e ogni opinione di chi parla qui da noi. Ma ascoltiamo, parliamo e riflettiamo. Questo si chiama democrazia. Questo si chiama libertà. Questo si chiama discussione scientifica. Vietare e censurare è il contrario di democrazia, libertà, ricerca. Sono valori, questi, che la Scuola Normale, quale istituzione formativa, rivendica con forza.

Per quanto riguarda gli antichi greci, l’ospite che ha tenuto il seminario su Achille, studioso del Merton College di Oxford, ha giustamente osservato che in una Iliade che riconosce solo due generi, maschile e femminile, l’eroe affronta la morte di Patroclo con comportamenti più vicini ai ruoli che la società di allora assegnava alle donne (ad esempio il lamento funebre). Certo, se gli autori dei vari articoli fossero venuti a sentire il seminario avrebbero forse capito e illustrato ai lettori che cosa si è effettivamente detto. L’Iliade è lunga circa 16.000 versi, e Achille compare abbastanza spesso. In un seminario di due ore è impossibile discutervi tutta l’Iliade, e tutti i libri che ne hanno parlato. Ma se il seminario fosse stato sulla morte, sulla schiavitù, sulla carne arrosto o sugli ottativi aoristi nell’Iliade, si sarebbe pensato che l’Iliade è “ridotta” a uno di questi temi?

Un articolo sembra accusarci di “camuffare […] il rapporto tra Achille e Patroclo in “una prospettiva queer”; si lamenta che “l’anacronismo applicato alla grecità […] è un gioco imbizzarrito contro noi stessi, quello che siamo prima di nascere, uomini occidentali”. L’Iliade è un testo che parla anche alle donne, e alle persone nate in altri continenti, pensiamo. L’articolo lamenta che in questo modo si mette “l’omosessualità dei classici al servizio dell’ideologia arcobaleno di oggi”. Purtroppo il termine “omosessualità” è un altro anacronismo: è una parola nata a fine Ottocento da una strana mescolanza di greco (homòs ‘identico’) e latino (sexus ‘sesso’), e che descrive una concettualizzazione dei rapporti sessuali molto diversa da quella antica.

Il punto essenziale è che è impossibile non utilizzare concetti moderni per analizzare il mondo del passato.  Ed è assurdo studiare i testi, le opere d’arte, le storie e le vicende del passato se esse non hanno alcun senso per noi oggi.

Alla Normale, come in tante università e scuole italiane, si parla liberamente di questi e altri temi (si veda ad esempio il ciclo di seminari organizzato dal Forum Studentesco). Lo facciamo semplicemente perché riguardano esseri umani che vivono oggi. Qualche giornale se ne occupa quando si parla dei classici. Questo naturalmente ci fa piacere: i classici, e la loro interpretazione, contano. Dire che Achille non si conforma del tutto al comportamento che ci si attende da un personaggio maschile punge nel vivo. Ma parlare di questo non significa imporre alcuna scelta di vita o di valori. Alcune di queste testate di stampa sembrano ispirate ad un approccio liberale. Ma senza il liberalismo non ci sarebbe la libertà di stampa, di religione, di coscienza; è proprio questa libertà che permette, a varie persone, di capire la necessità di una transizione. Certo non è giusto imporre a persone maggiorenni un’identità in cui non si riconoscono.

La letteratura antica, greca e latina, parla di Ermafrodito, insieme maschio e femmina; parla di Achille, e di molti altri maschi del mito o del teatro, travestiti da donna; parla di Zeus che rimane due volte incinto (di Atena e di Dioniso); parla di Dioniso, dio maschile dall’apparenza femminile; parla di Tiresia, prima uomo, poi donna e poi di nuovo uomo. Zeus, incuriosito chiese a Tiresia chi provava più piacere nell’atto sessuale: la risposta, per la delusione di Zeus, fu “la donna”. Un articolo parla di “carnevale arcobaleno”: un’ottima definizione per quello che racconta Luciano nella Storia Vera. Citiamo la traduzione di Luigi Settembrini, senatore del Regno d’Italia, patriota che ha contribuito a creare l’Italia, la nostra Nazione: “Primamente là non nascono di femmine ma di maschi; fan le nozze tra maschi; e di femmine non conoscono neppure il nome. Fino a venticinque anni ciascuno è moglie, dipoi è marito: ingravidano non nel ventre, ma nei polpacci delle gambe”.  Parlare di questi temi “preclude … una comprensione… feconda … della peculiare visione del mondo greca”? In verità non è esistita una sola versione del mondo greca. Nella Grecia antica le persone amavano discutere; spesso erano in feroce disaccordo. Ma certo non parlare di questi temi preclude una comprensione dell’antichità. I prossimi seminari di letteratura greca verteranno su problemi interpretativi e filologici nei carmi autobiografici di Gregorio di Nazianzo, sperando di non essere accusati di mettere la letteratura greca al servizio dell’ideologia dei vescovi cristiani.