Il professor Luigi Battezzato ha contribuito all’interpretazione di vari passi. Ne parla in un suo articolo sul Sole 24 Ore che qui pubblichiamo.

 

PISA, 1 ottobre 2024. Da un papiro rinvenuto presso la necropoli egiziana di Filadelfia nel 2022 sono emersi 100 nuovi versi del tragediografo greco Euripide, vissuto nel V secolo a.C., e appartenenti alle tragedie andate perdute Polyidos e Ino. Secondo il professor Luigi Battezzato della Scuola Normale, che ha contribuito all’interpretazione di vari passi, si tratta di una delle più grandi scoperte di nuovi testi di tragedia da un secolo a questa parte.

Il testo del papiro è stato pubblicato sulla rivista Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik nel mese di agosto. Euripide è stato uno dei maggiori tragediografi greci. Scrisse circa 90 tragedie, di cui solo 17 sopravvissute. Gli scavi che hanno condotto alla scoperta sono stati effettuati sotto la supervisione di Basem Gehad del Ministero delle Antichità egiziano. Yvona Trnka-Amrhein e John Gibert dell’Università del Colorado Boulder hanno identificato i versi come appartenenti alle tragedie andate perdute Polyidos e Ino. Battezzato ne ha parlato in un articolo pubblicato sulla Domenica de Il Sole 24 Ore che riportiamo qui integralmente.

 
Di Luigi Battezzato* (Il Sole 24 Ore, 29 settembre 2024)

 Fu una giornata triste per quella famiglia. Filadelfia, a un centinaio di chilometri a sud del Cairo, prosperava in pace. Ma la famiglia si era riunita per seppellire un bambino. Avevano fatto scavare una tomba. Da poco avevano sepolto lì una donna di quarant'anni. Ora il bambino. Alcuni fogli caddero nella terra. O li gettarono? La tomba fu chiusa. Era il terzo secolo dopo Cristo. Il deserto avrebbe inghiottito quella città.
Nel novembre 2022, l'archeologo egiziano Basem Gehad guida una spedizione di scavo. Il sito è già stato esplorato, ma lui è convinto che ci sia ancora molto da scoprire. E scopre la tomba, e il papiro. John Gibert e Yvona K. Trnka-Amrhein, due studiosi di letteratura greca dell'Università del Colorado, a Boulder, preparano la prima edizione dei testi, uscita in questi giorni. Scoprono che il papiro contiene frammenti di due tragedie di Euripide, Ino e Poliìdo. I testi risalgono al V sec. a.C. Sono un centinaio di versi, in gran parte nuovi. Si tratta della più grande scoperta di nuovi testi di tragedia da un secolo e più.
Una serie di studi su questa nuova scoperta, presentati al Center for Hellenic Studies a Washington, verrà a breve pubblicata sul sito dell'istituzione. Quanti reperti sono stati scavati illegalmente in Italia, e in Egitto, e venduti all'estero? In questo caso lo scavo è organizzato da istituzioni dello stato egiziano. Conoscere il luogo in cui è stato scoperto è essenziale per comprendere il significato che il reperto aveva nel suo contesto. Questo vale in particolare per il nuovo papiro di Euripide.
Una delle due tragedie racconta la storia di un bambino che muore. È il figlio di Minosse, e il padre è disperato. Minosse è un re, figlio del dio supremo, Zeus, e di Europa. Come è possibile che il destino gli riservi una sorte così assurda e crudele? Suo figlio, Glauco, morto bambino, caduto in una giara piena di miele. Minosse si rivolge a un indovino famoso, perché lo trovi. E, una volta trovato il bambino, gli chiede che lo resusciti. La nuova scoperta rivela molti frammenti tratti da questa scena. L'indovino è indignato. Come Edipo e Tiresia, come Davide e Natan, re e profeta si scontrano. Minosse incalza il profeta: "Vedi? Il delfino comanda sulle onde del mare, comanda tra gli uccelli la forza dell'aquila, Zeus ha il potere supremo in cielo, e sulla terra ce l'hanno i re: tu sei inferiore; sei sotto il mio potere; devi sopportare quello che ti impongo". L'indovino rifiuta: "Sarei un folle se violassi le leggi degli dèi"; "Tu vai oltre il tuo limite, senza controlli; la colpa è della ricchezza". L'indovino ricorda le leggi dell'universo: "Sappilo bene: tutte le cose che la natura fa sorgere devono nascere e morire; tutto, col tempo, nasce e di nuovo muore". Giunge persino ad accusare Minosse: "Io nego che tu sia figlio di Zeus; questa è una falsità che ha sparso tua madre; non puoi essere figlio di Zeus tu che sovverti le leggi stabilite e sconvolgi le norme divine per la tua arroganza. Infatti, se la tirannide o le case ricche d'oro potranno [far ritornare a vivere] chi ha lasciato la luce del sole [l'ordine del mondo sarà sconvolto]". Qui finisce il nuovo frammento. Noi sappiamo che Minosse farà rinchiudere l'indovino nella tomba con il ragazzo morto. E l'indovino, proprio sottoterra, scoprirà un'erba magica, e farà rivivere il bambino.

Ma il papiro di Euripide, prima di venire gettato nella tomba egiziana, è stato tagliato in modo che restassero solo queste due colonne di scrittura della tragedia. Non sapremo mai se è stato messo come ricordo, come meditazione sull'inevitabilità della morte. Ma è stato trovato insieme a un altro foglio: una ricevuta di semi per le piante del tempio. Forse chi ha scelto questi versi di Euripide non voleva pensare all'immortalità. Ma pensava al ciclo della vita: tutto ciò che la natura produce, deve nascere e morire. Come suo figlio, come le piante del tempio che torneranno a vivere, anche mentre il figlio giace nella tomba.

 

*Luigi Battezzato è professore di Letteratura greca alla Scuola Normale di Pisa 

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