In una ricerca compiuta da Marco Fantini, perfezionando di Neuroscienze presso il Laboratorio di Biologia e i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Molecular Biology and Evolution, è stato concepito un nuovo metodo per comprendere la forma tridimensionale delle proteine, imitando l'evoluzione naturale a livello sperimentale.

Pisa, 14 novembre 2019

La struttura delle proteine, cioè la conoscenza della loro forma tridimensionale,  è l’informazione chiave per comprendere la loro funzione biologica ed il loro ruolo nelle malattie. Per gli studiosi, è fondamentale conoscere la struttura proteica allo stesso modo in cui è essenziale capire che forma ha una bicicletta per comprenderne la  funzione. Determinare la struttura proteica è però un compito lungo e complesso. 

In uno studio interdisciplinare compiuto presso il Laboratorio di
Biologia della Scuola Normale di Pisa, Bio@SNS, che combina l’evoluzione molecolare in vitro con tecniche computazionali, Marco Fantini, studente del corso di dottorato di Neuroscienze, supervisionato congiuntamente da Antonino Cattaneo e Annalisa Pastore, ha sviluppato un nuovo metodo che offre la prospettiva di determinare strutture proteiche senza la necessità di produrre, purificare e determinare la struttura stessa con metodi tradizionali.

L'articolo di Fantini, appena apparso sul Journal of Molecular Biology and Evolution, affronta il fondamentale problema di come ottenere informazioni sulla struttura delle proteine, usando il messaggio codificato nelle sequenze proteiche attraverso milioni di anni di evoluzione.

L'approccio di Fantini e colleghi, chiamato CAMELS (Coupling Analysis by Molecular Evolution Library Sequencing), è del tutto innovativo. Le proteine sono catene di 20 aminoacidi la cui sequenza può mutare, durante l’evoluzione, a causa di errori, esattamente come in un testo. Invece di fare affidamento sull’evoluzione naturale, gli autori imitano la natura e inducono un’evoluzione artificiale in vitro che segue le stesse regole di variabilità e selezione dell’evoluzione naturale.

Il team ha studiato come paradigma del metodo la proteina beta lattamasi, un enzima batterico che conferisce resistenza agli antibiotici: ha creato enormi librerie di beta-lattamasi mutate casualmente, introdotto i geni mutanti in batteri e verificato quali di questi sopravvivono agli antibiotici. Questo ciclo di mutazione e selezione è stato ripetuto per molte volte. Le mappe di distanza calcolate dal sequenziamento dei geni sopravvissuti hanno fornito informazioni strutturali essenziali sulla proteina originale.

Lo studio è un importante passo avanti che offre vantaggi apprezzabili rispetto ai metodi puramente in silico. Fornisce anche una nuova metodologia generale applicabile a qualsiasi proteina specifica, giovane o antica: si tratta di un approccio completamente nuovo che apre nuovi orizzonti per la determinazione della struttura proteica.