La scoperta sorprendente di un team di ricercatori internazionale di cui fa parte Stefano Carniani del gruppo di Cosmologia della Scuola Normale Superiore. I dati sono stati raccolti da James Webb Space Telescope durante il suo primo anno di vita e potrebbero mostrare una nuova specie di molecola a base di carbonio e idrogeno.

 

PISA, 24 luglio 2023. Gli spazi apparentemente vuoti nel nostro Universo spesso in realtà non sono affatto vuoti, ma occupati da nuvole di polvere cosmica, costituita da granelli di varie dimensioni e composizione che si formano nelle galassie in vari modi. La polvere cosmica è cruciale per l’evoluzione dell’Universo, poiché al suo interno si formano stelle e pianeti. Tuttavia, può essere anche un intralcio per gli astrofisici: assorbendo la luce stellare a determinate lunghezze d’onda, la polvere rende le galassie difficili da osservare con i nostri telescopi. Nello stesso tempo, misurando la lunghezza d’onda dove avvistiamo l’assorbimento della luce delle stelle, si possono acquisire informazioni sulla composizione chimica della polvere cosmica.

Guidato da Joris Witstok, Università di Cambridge, un team internazionale, di cui fa parte anche Stefano Carniani, ricercatore di astrofisica della Scuola Normale Superiore, ha usato questa tecnica per rilevare la presenza di
granelli di polvere ricchi di carbonio nell’universo solo un miliardo di anni dopo il Big Bang.

I dati raccolti dal James Webb Space Telescope nel suo primo anno di vita illustrano infatti la presenza di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), ovvero di una molecola a base di idrogeno e carbonio che si trova nella nostra Via Lattea e anche sulla Terra. I modelli teorici ci dicono che sono necessarie oltre centinaia di milioni di anni perché queste molecole possano formarsi nel “vuoto” delle galassie. La loro presenza nell’universo agli albori della sua evoluzione è un fatto sorprendente, di cui parla la rivista Nature.

Inoltre lo spettro elettromagnetico di questa galassia suggerisce che la molecola osservata può essere diversa da quella che conosciamo nella Via Lattea, aprendo cosi alla possibilità che stiamo osservando una nuova specie di molecola nell’universo primordiale.

“I dati ottenuti con James Webb Space Telescope si spingono oltre al solo censimento delle galassie primordiali - spiega Stefano Carniani - Grazie a questo nuovo telescopio possiamo studiare la composizione chimica della polvere e dei gas che la compongono. Questo è un grande passo avanti per l’astrofisica ed apre nuovi scenari da studiare  sia a livello sperimentale che teorico. Il nostro gruppo di ricerca della Scuola Normale è al lavoro in entrambi i fronti con nuovi esperimenti astrofisici e lo sviluppo di modelli teorici per interpretare i dati”.

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