Qual è il progenitore della specie “buchi neri super-massicci”, oggetti extra size al centro di tutte le galassie, ivi compresa la nostra? E’ questa una delle questioni controverse della cosmologia attuale, la cui soluzione getterebbe luce sulle prime fasi evolutive dell’universo.

Adesso un team di ricercatori della Scuola Normale Superiore e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma, utilizzando telescopi spaziali Nasa, ha dato una risposta convincente, individuando due “buchi neri a collasso diretto”, un tipo di oggetto astrofisico finora solamente teorizzato e che potrebbe rappresentare la specie progenitrice dei buchi neri super-massicci.

Tutti ormai conoscono quegli strani oggetti chiamati buchi neri, pesanti fino a qualche decina di volte più del Sole, risultati dall’implosione di stelle massicce al termine del loro ciclo di vita. Ma esistono anche buchi neri super-massicci, al centro della maggior parte delle galassie che ci circondano, (uno è presente nella nostra stessa galassia, la Via Lattea) pesanti milioni o miliardi di volte il Sole. Come si formano questi buchi neri mastodontici? Attraverso un processo realizzato accrescendo gas dall’ambiente oppure per la fusione con altri buchi neri. Una gestazione che comunque richiede molto tempo, miliardi di anni, per giungere al completamento e che non spiega la presenza di buchi neri super-massicci in galassie estremamente antiche, esistite quando l’Universo aveva soltanto 800 milioni di anni di età, un tempo esiguo rispetto ai circa 14 miliardi di anni attuali.

Una fra le teorie avanzate per risolvere questo enigma afferma che, nelle particolari condizioni ambientali dell’Universo primordiale, i buchi neri formatisi nel primo miliardo di anni dal Big Bang fossero molto più massicci di quelli formati al termine della vita di una stella recente. Non decine, ma fino a 100.000 volte più massicci del Sole. Questi oggetti sono denominati “buchi neri a collasso diretto” e rappresenterebbero l’anello mancante nella scala gerarchica dei buchi neri: né piccoli come quelli formati dal collasso delle stelle, né enormi come quelli osservati al centro delle galassie.

In un recente studio su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society gli autori, tutti italiani, ritengono di aver trovato un metodo semplice ed efficace per osservare i primi buchi neri a collasso diretto che si sono formati nell’Universo. Secondo questo studio, è possibile riconoscere tali oggetti, fra i miliardi che popolano il cielo, dal loro colore. “Questi oggetti sono stati osservati attraverso filtri fotometrici, che permettono di selezionare particolari lunghezze d’onda, in maniera simile ai filtri fotografici – spiega Fabio Pacucci della Normale, che ha diretto lo studio – e apparirebbero molto più rossi degli altri oggetti osservabili nell’Universo primordiale. L’arrossamento sarebbe causato dall’enorme quantità di gas presente nella galassia ospite e in collasso verso il buco nero primordiale”.

La luce emessa dalla regione attorno al buco nero centrale perderebbe energia attraversando la galassia ospite e diventerebbe più rossa. “Similmente al ciclo giornaliero del Sole, all’alba della loro vita questi buchi neri sono molto arrossati – spiega ancora Pacucci – Applicando questo metodo abbiamo localizzato due oggetti molto antichi che potrebbero essere i primi buchi neri di questo tipo mai scoperti”.  Gli oggetti sono stati osservati dai telescopi spaziali Hubble e Spitzer, all’interno della costellazione australe della Fornace. Inoltre, sono chiaramente visibili nei raggi X dal telescopio spaziale Chandra. L’emissione di radiazione molto energetica, come quella X, suggerisce che questi oggetti siano realmente dei buchi neri, formatisi quando l’Universo aveva meno di un miliardo di anni, meno di un decimo dell’età attuale.

“Se questa scoperta fosse confermata, la nostra visione dei meccanismi di formazione dei buchi neri super-massicci cambierebbe radicalmente – aggiunge Andrea Ferrara, professore di Cosmologia alla Normale e secondo autore dello studio -. Infatti, i buchi neri a collasso diretto rappresenterebbero i progenitori dei buchi neri super-massicci attuali, localizzati al centro delle galassie. Di conseguenza, anche la nostra comprensione dei meccanismi di evoluzione delle galassie sarebbe considerevolmente migliorata”.

“La scoperta di due plausibili buchi neri primordiali è estremamente eccitante – afferma Priyamvada Natarajan, professore di Astronomia alla Yale University (USA) e commentatrice indipendente dello studio nella press release Nasa -. E’ molto interessante vedere come questa idea, puramente teorica e nata circa 10 anni fa, stia lentamente trovando delle conferme osservative.”

Press Release

Panorama.it

LeScienze.it

Repubblica250516

Inaf

Agenzia Spaziale Italiana (ASI)

Nasa.gov

Chandra.si.edu

Spacetelescope.org

 

Pisa, 24 maggio 2016