Il vertebrato che vive nell’Atlantico settentrionale e nell’Oceano Artico può raggiungere i 400 anni di vita. Secondo gli scienziati la duplicazione di geni preposti alla riparazione del DNA può aver avuto un ruolo nell’evoluzione della sua eccezionale longevità. Tra le istituzioni internazionali coinvolte nello studio, il Fritz Lipmann Institute on Aging di Jena, la Scuola Normale Superiore, l’Istituto di Biofisica del CNR.

 

Pisa, 11 settembre 2023. Un team internazionale di scienziati di istituti quali il Fritz Lipmann Institute on Aging (FLI) di Jena, in Germania, e la Scuola Normale Superiore di Pisa ha mappato per la prima volta il genoma dell’animale vertebrato più longevo del mondo, lo squalo della Groenlandia (Somniosus microcephalus), che ha una aspettativa di vita record: ben 400 anni. La mappatura del genoma consente di comprendere la sequenza e la posizione dei geni sulla catena del DNA ed è essenziale per avere informazioni dettagliate su quali meccanismi permettono ad un organismo di sopravvivere, svilupparsi e riprodursi.

 Identificare l’intera sequenza del genoma dello squalo della Groenlandia, che abita le profondità dell’Atlantico settentrionale e dell’Oceano Artico, rappresenta quindi una opportunità privilegiata per comprendere i segreti che permettono la sua eccezionale longevità. Solo pochi animali complessi vivono più a lungo dell’uomo. Esempi sorprendenti sono le tartarughe giganti, come Jonathan, un esemplare di 191 anni che attualmente risiede a Sant’Elena, ma questo record impallidisce rispetto a quello dello squalo della Groenlandia. Il suo codice genetico è lungo il doppio di quello di un essere umano ed è una delle più grandi sequenze di genoma animale studiata fino a oggi, con i suoi 6,5 miliardi di paia di basi (il record è il pesce polmonato, con 35 miliardi di paia di basi).

 «L’enorme dimensione del genoma dello squalo della Groenlandia è dovuta principalmente alla presenza di elementi ripetitivi e spesso autoreplicanti», spiega il professor Alessandro Cellerino, neurobiologo del FLI e del Laboratorio di Biologia della SNS, che ha partecipato al lavoro anche con le ricerche di un dottorando in Neuroscienze, Davide Drago, specializzato nello studio comparato dell’invecchiamento cerebrale negli squali. «Tali elementi trasponibili, a volte chiamati geni saltatori o geni egoisti e spesso considerati parassiti genomici, rappresentano oltre il 70% del genoma di questo animale. Un elevato contenuto di ripetizioni è spesso considerato dannoso poiché i geni che saltano possono danneggiare il DNA e corrompere la sequenza del genoma. Nel caso dello squalo della Groenlandia, invece, ciò non sembra accadere».

 Al contrario, Cellerino e suoi colleghi, tra cui Arne Sahm del FLI, primo autore dello studio, sospettano che l’espansione degli elementi trasponibili possa aver addirittura contribuito all’estrema longevità dello squalo della Groenlandia. Molti geni duplicati sono coinvolti infatti nella riparazione dei danni al DNA. «In ciascuna delle nostre cellule, il DNA subisce danni migliaia di volte ogni giorno e meccanismi molecolari specializzati lo riparano costantemente. Una scoperta notevole degli studi genomici comparativi è che le specie di mammiferi longeve sono eccezionalmente efficienti nel riparare il loro DNA – spiega ancora Cellerino. I risultati sul genoma dello squalo della Groenlandia sembrano indicare che l’espansione degli elementi trasponibili possa aver addirittura contribuito alla sua estrema longevità in quanto alcuni di questi elementi nella loro duplicazione hanno “rapito” geni per la riparazione del DNA che quindi sono stati anch’essi duplicati».

 Il team ha anche scoperto un’alterazione specifica nella proteina p53, nota anche come “guardiana del genoma”. Questa proteina è molto studiata in quanto agisce come un centro di controllo che coordina la risposta ai danni al DNA negli esseri umani e in molte altre specie. «Questa proteina è mutata in circa la metà di tutti i tumori umani ed è il più importante meccanismo di soppressione dei tumori che conosciamo. Pertanto, è un gene essenziale per la longevità», afferma Steve Hoffmann, biologo del FLI di Jena, in Germania. «Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per comprendere se e come i cambiamenti osservati nelle sequenze di questi geni critici favoriscano la loro funzione protettiva contribuendo all’eccezionale longevità di questi animali».

 I risultati dello studio e la sequenza del genoma sono da oggi accessibili a tutti grazie alla pubblicazione su bioRxiv (https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2024.09.09.611499v1.full.pdf), un archivio disciplinare dedicato alla condivisione tempestiva di dati e risultati della ricerca prima della pubblicazione in rivista peer reviewed. La condivisione tramite pre-print e l’inserimento già in questa fase sull’archivio istituzionale IRIS, rientra tra le pratiche di open science, ovvero di diffusione e riuso della ricerca, che anche la Scuola Normale persegue da tempo rendendo accessibili alla comunità internazionale degli studiosi e a tutti gli interessati i dati sulle proprie ricerche con conseguente impatto culturale e socio-economico sulla società.

In questo caso, la sequenza del genoma e le corrispondenti risorse web fornite dal team di ricerca – che comprende anche studiosi dell’Istituto di Biofisica del CNR, dell’Università della Ruhr di Bochum, dell’Università di Copenaghen, dell’Università di Genova e della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli – consentiranno ai ricercatori di tutto il mondo di analizzare la versione dei geni dello squalo groenlandese di loro interesse.

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