Il Nothobranchius furzeri, specie ittica analizzata nel Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore da un team di ricercatori con il professor Alessandro Cellerino, apre nuovi scenari alla comprensione dei processi cerebrali degenerativi, e a malattie croniche e progressive legate all'invecchiamento come il Parkinson.

 
PISA, 2 settembre 2022. All’aumentare dell’età aumenta il rischio di ammalarsi di malattie croniche e progressive quale ad esempio il morbo di Parkinson. In alcuni individui, l’insorgere di questa patologia è associato alla presenza di specifiche mutazioni genetiche, ma nella maggior parte dei pazienti la causa è ignota.

  I ricercatori del Laboratorio di Biologia della Scuola Normale guidati da Alessandro Cellerino, professore associato di Fisiologia, in collaborazione con l’Università di Pisa, l’Istituto Leibniz per lo studio dell’invecchiamento di Jena e la Stazione Anton Dohrn di Napoli, hanno scoperto che una particolare specie di pesci presenta spontaneamente, ovvero in assenza di mutazioni, una forma di neurodegenerazione durante l’invecchiamento che è simile a primi stadi del morbo di Parkinson. Lo studio è anche parte della tesi che  ha permesso il conseguimento del perfezionando in Neuroscienze della dott.ssa Sara Bagnoli.

  I pesci in questione appartengono alla specie Nothobranchius furzeri e sono il vertebrato dalla vita più breve noto. Questi pesci, che vivono in Natura nelle pozze che si formano durante la stagione delle piogge in Africa e sopravvivono solo pochi mesi, vengono utilizzati presso la Scuola Normale come modello per studiare i processi dell’invecchiamento che in questi animali è estremamente accelerato.

  In questo studio, è stata utilizzata una tecnica di “chiarificazione” per rendere il cervello trasparente in modo da poter visualizzare in 3D l’intero cervello di questi pesciolini e contare i singoli neuroni che producono specifici neurotrasmettitori. Questa metodica innovativa ha evidenziato che i pesci anziani soffrono di una perdita dei neuroni che producono noradrenalina, un neurotrasmettitore che nel cervello svolge molteplici funzioni compreso il controllo del sonno. Lo stesso fenomeno, si osserva nell’uomo durante i primi stadi del morbo di Parkinson, prima che compaiano i tipici sintomi motori.  

  “Sino ad ora, non erano noti animali da laboratorio che sviluppassero spontaneamente una neurodegenerazione. Grazie a questi pesci potremo cominciare studi volti a comprendere cosa rende questi neuroni così vulnerabili e quali fattori sono in grado di modificare il corso della neurodegenerazione”, commenta il prof. Cellerino.


  Lo studio è stato finanziato dalla Fondazione Pisa con il progetto ETHERNA, ed è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista Aging Cell, accessibile liberamente a questo link.

 

 

 

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